La nostra personalissima solidarietà va all’ignoto collega dell’ufficio stampa di Castelfranco Emilia. Gli siamo, o le siamo, molto vicini. Forse pensava che si sarebbe dovuto limitare a redigere i classici comunicati di un Comune, tipo quante buche sono state tappate, quando passa lo spazzino, cosa occorre fare per segnalare un lampione lampeggiante. Invece no. Da diverse settimane è costretto a declinare al neutro le parole di genere maschile universale che compaiono nelle comunicazioni ufficiali del paesino nel modenese. Direte: ma che vol dì?
In pratica in ossequio alla barbarie radical chic che chiamano “linguaggio più inclusivo”, la giunta comunale ha deciso di adottare l’utilizzo della “schwa” (cioè questo segno fonetico “ə” che suona a metà tra le “a” e la “e”) Tipo: “tuttə” invece di “tutti”, “gentilissimə” anziché “gentilissimi”). Solo a vederlo scritto gli occhi iniziano a sanguinare e il cervello si chiede per quale motivo compaia lì davanti un simbolo normalmente utilizzato nelle lingue azera, cecena, kazaka e nel cirillico. “Il 7 aprile moltǝ nostrǝ bambinǝ e ragazzǝ potranno tornare in classe”. Capito? L’intenzione è quella di “valorizzare le differenze”, dicono a Castelfranco, un modo per “rispecchiare i principi” del rispetto di tuttə e tuttə. E già che usino il neutro per far risaltare delle diversità pare una stupidaggine intergalattica. Ma che ci credano davvero fa ancora più paura. Il vero obiettivo infatti è quello di “plasmare” (plasmare!) il “modo in cui pensiamo, agiamo e viviamo le relazioni”. Vogliono in pratica inculcarvi un modo di pensare distorto, farvi accettare l’idea che per garantire pari dignità alle donne sia necessario scrivere e dire “avvocata”, “ministra”, “sacerdota”. O che per abbattere il maschilismo (ma de che?) e il patriarcato (ma dove?) occorra togliere la desinenza maschile in favore di lettere praticamente introvabili sulla tastiera di un pc.
In passato centri sociali, femminismi di ogni ordine e grado, tifosi del gender e del “oggi mi sveglio maschio, domani femmina, dopodomani chissà”, ci hanno frantumato i maroni sdoganando l’asterisco di genere. Ricordate? “Siamo tutt* uguali”, “buongiorno ai lavorator*” e sgorbi linguistici simili. Ora il passo è più istituzionale e a storpiare la lingua italiana ci penserà direttamente l’ufficio relazioni col pubblico del Comune di Castelfranco Emilia guidato dal sindaco - ma va? - del Pd. Ma davvero servono asterischi e schwa per omaggiare la parità di genere? “Per la sinistra, le donne sono da riconoscere soltanto con una desinenza o con le cosiddette quote rosa”, dice giustamente Michele Barcaiuolo, esponente di FdI che una leader donna ce l’ha e non deve attendere il ritorno in Patria di Enrico Letta per portare qualche femmina ai vertici del partito. O forse l’intento di fondo è un altro. Domando: non è che con la scusa del neutro volete iniziare a tramandare per via grammaticale il fluidismo di genere tipico dei tifosi del ddl Zan? Magari ora lo utilizzate solo per il “maschile universale”, poi domani troverete un modo per eliminare del tutto il maschile e il femminile in favore di una neutralità inesistente. È così?
Ma ripetiamo. Vorremmo davvero ribadire la nostra profonda solidarietà al collega che si trova a dover scrivere i post sulla pagina del Comune. Sappiate solo che per far comparire la schwa sulla pagina bisogna digitare la combinazione di una cassaforte o impostare appositamente la tastiera. Un incubo.
E infatti nel commento in calce al post con cui Castelfranco annunciava questa involuzione linguistica, il redattore s’è dimenticato della sua stessa regola e ha concluso con un normalissimo “Grazie a tutti per la collaborazione”. A dimostrazione che quando un precetto è idiota, il cervello tende a eliminarlo presto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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