Gentile direttore,
in questi tempi di cambiamento tumultuoso, con la vecchia Europa scossa dalle fondamenta per il suo crescente distacco dai popoli, e con il governo gialloverde alla guida di un'Italia in cui sono venuti allo scoperto invidia e risentimento sociale, limitarsi a segnalare gli errori (e orrori) altrui non è più sufficiente, così come non è giusto prendere le distanze dal populismo senza comprenderne i motivi scatenanti. Davanti a questa sfida epocale, alla rabbia dobbiamo saper contrapporre insieme la forza della ragione e l'orgoglio di rappresentare un'alternativa di valore e di valori. Non c'è tempo da perdere, perché la recessione e l'isolamento internazionale dell'Italia, causati da un mix di improvvisazioni e politiche scellerate, necessitano di un immediato cambio di rotta, e il ritorno a pieno titolo del presidente Berlusconi nelle istituzioni, con la candidatura al Parlamento europeo - che chiude dopo sei anni una inaccettabile ferita democratica - impone a Forza Italia un salto di qualità per restituire speranza e ottimismo a una nazione che di questo passo finirebbe in ginocchio.
Ci sono insomma tutti i presupposti perché una forza liberale e popolare come la nostra possa riaffermare la sua centralità nel Parlamento e nel Paese. Il voto in Abruzzo, con il ridimensionamento dei Cinque stelle, ha dimostrato che promettere soluzioni semplici a problemi complessi, alla prova dei fatti, è solo una ricetta illusoria. E l'oppio del reddito di cittadinanza è, appunto, solo illusionismo di terz'ordine. La demagogia al potere scredita il governo e danneggia il tessuto sociale, così come una maggioranza che pretende di farsi anche opposizione è un pericolo che solo un centrodestra unito è in grado di scongiurare.
Le Europee di maggio saranno, in questo senso, il banco di prova cruciale, e Forza Italia ha il dovere di marciare unita per portare a casa un'affermazione chiara ed importante. Bisogna mobilitarsi prima di tutto per restituire fiducia, con l'ottimismo della concretezza, a quel blocco sociale che si è in parte disperso tra astensionismo e voto di protesta, attraverso una fortissima presenza sul territorio per ricostruire il legame indispensabile tra istanze sociali insoddisfatte e decisione politica. E bisogna premiare il merito, visto che Forza Italia può contare su una vera e propria «riserva aurea» costituita da tanti sindaci e amministratori locali attraverso la cui valorizzazione il partito può e deve dimostrare la sua capacità di cambiamento.
Dobbiamo, insomma, tornare movimentisti, e lo strumento dei referendum, col Parlamento umiliato e ridotto a cassa di risonanza del governo, è quello più adeguato per tornare in piena sintonia col Paese. Come sempre, l'intuito di Berlusconi ha anticipato i tempi e aperto una pagina nuova: la stagione referendaria come grimaldello per scardinare un apparato di potere che si è fatto casta e sta portando l'Italia alla deriva. È una scommessa non temeraria quella di attivare da subito, sui temi più controversi, una rete che vada oltre i confini della nostra bandiera raccogliendo le firme dei referendum popolari, un'arma straordinaria per sfidare i Cinque stelle sul loro stesso terreno e soprattutto per stare in mezzo alla gente. Il crescente nervosismo del Movimento è, in questo senso, un palese sintomo di difficoltà, come dimostrano gli scomposti attacchi di questi giorni a Berlusconi e a Forza Italia. Proporre un referendum sul reddito di cittadinanza ha evidentemente colto nel segno, svelando la contraddizione di questi avvocati del popolo che hanno paura del popolo.
Il reddito di cittadinanza è la risposta sbagliata a un'istanza giusta, un pasticcio che non abolirà la povertà lasciando anzi senza sostegno decine di migliaia di famiglie sull'orlo dell'indigenza, e contribuirà invece ad alimentare il lavoro nero. Noi sappiamo che per combattere le disuguaglianze è necessario creare più lavoro e dare più opportunità ai giovani, non invogliarli ad aspettare in poltrona un provvisorio reddito di Stato. E poi, mettere insieme nello stesso calderone la lotta alla povertà, l'inclusione sociale e le politiche attive del lavoro è un fallimento annunciato, la furba esca per il voto di scambio dei professionisti dell'onestà. Altrui.
Non basta: con i referendum vogliamo anche impedire la follia delle chiusure dei negozi nei giorni festivi. Le conseguenze sarebbero drammatiche sull'occupazione e sull'intero comparto del commercio: addio a 80mila posti di lavoro, caos nel settore della distribuzione, disuguaglianze tra i diversi territori ed esercizi. Già il decreto dignità - manifesto ideologico della decrescita (in)felice - ha causato danni gravissimi. Ora basta. La maggioranza deve dunque sapere che, se e quando la legge sarà approvata, avrà subito puntata contro un'arma democratica di pressione come il referendum, consultazione in cui, fuori dalla logica delle elezioni politiche, i cittadini si sentono liberi di votare anche oltre i confini dell'appartenenza politica.
Insomma, direttore, io ritengo che i referendum siano la scossa che ci vuole per rafforzare il nostro profilo liberale e riformista, ma anche per lanciare un segnale alto e forte a tutto il centrodestra e riportarlo alla realtà, nella convinzione che Berlusconi e Forza Italia restano centrali per un governo dinamico e credibile in Italia e per una presenza potente ed autorevole in Europa.
Anna Maria Bernini
capogruppo di
Forza Italia al Senato
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