"Hanno visto i corpi ma non sono andati in procura"

Emergono nuovi dettagli sulla tragedia della funivia del Mottarone costata la vita a 14 persone

"Hanno visto i corpi ma non sono andati in procura"

"Appare, allo stato, inadeguata ogni altra misura cautelare" perché "sproporzionata alla gravità dei fatti ed alla enorme risonanza è allarme sociale che l'avvenimento sta suscitando a livello locale e internazionale". È questo uno dei passaggi della richiesta di convalida del fermo firmato dalla procura di Verbania nei confronti dei tre fermati per la tragedia della funivia del Mottarone avvenuta la scorsa domenica nella quale hanno perso la vita 14 persone che viaggiavano sulla cabina numero 3.

Per il procuratore di Verbania, Olimpia Bossi, non solo esiste il "concreto e attuale" pericolo di fuga di fronte ad accuse che se dimostrate comporterebbero una "elevatissima sanzione amministrativa", ma anche la possibilità che se in libertà i fermati commettano ancora gli stessi reati. Questo perché, ad esempio, Enrico Perocchio, consulente esterno dell'impianto della funivia del Mottarone, è dipendente della Leitner e ricopre l'incarico di direttore d'esercizio non solo a Stresa ma anche presso la funivia del Santuario Nostra Signora di Montallegro a Rapallo, in Liguria, "chiusa per manutenzione, a seguito del suo arresto, coincidenza significativa e singolare". In questo caso, però, il Comune ha voluto rassicurare spiegando che si tratta di lavori programmati da tempo. Secondo il procuratore, però, c’è anche il rischio di inquinare le prove.

La decisione della procura di Verbania

La libertà potrebbe, infatti, agevolare "accordi collussivi tra Nerini e Perocchio (rispettivamente gestore dell'impianto e direttore di esercizio, ndr) finalizzati ad addossare tutte le responsabilità a Tadini", il capo servizio dell'impianto che ha ammesso di aver manomesso il sistema frenante di emergenza. Inoltre, per il procuratore la loro presenza fuori dal carcere potrebbe "influire sulla genuina raccolta delle dichiarazioni dei dipendenti e di altre persone informate che potrebbero essere indotte a riferire il falso o a mitigarne le responsabilità". Non solo, perché secondo Bossi i soggetti potrebbero anche aver alterato documenti. Pertanto il carcere appare l'unica misura di fronte a un disastro che i fermati, se ritenuti colpevoli, dovranno risarcire non solo ai parenti delle vittime ma anche al Comune di Stresa per un "danno all'immagine certamente subito".

Nella richiesta della procura di Verbania con cui si conferma la misura cautelare in carcere per i tre indagati firmata dalla procuratrice Olimpia Bossi e dal pm Laura Carrera si evidenzia anche un altro aspetto importante: "Nonostante la gravità delle condotte e delle conseguenze che ne sono derivate, i fermati non hanno avuto un atteggiamento resipiscente presentandosi nell'immediatezza dei fatti all'autorità giudiziaria per assumere le proprie responsabilità". "Tale considerazione- si legge ancora nel documento- assume maggiore gravità e rilievo per Luigi Nerini ed Enrico Perocchio che, accorrendo sul posto il giorno dei tragici accadimenti, hanno potuto vedere i corpi delle vittime straziati, giacenti a terra sbalzate fuori dalla cabina numero 3 o incastrati dentro la stessa".

Le accuse a Tadini

Secondo la procura Tadini sentì "un rumore/suono caratteristico" riconducibile alla "presumibile perdita di pressione del sistema frenante della cabina, che si ripeteva ogni 2-3 minuti, per ovviare al quale decideva di lasciare inseriti i forchettoni rossi". Questo sarebbe avvenuto anche il giorno del disastro. Tra le accuse mosse a Tadini c'è infatti anche quella di "falso" in quanto lo stesso avrebbe annotato il falso sul registro giornale. Quest’ultimo, nel corso dell'interrogatorio avvenuto in caserma a Stresa, avrebbe espressamente dichiarato che "lo sapevano tutti". Il riferimento è all’"abituale ricorso ai 'forchettoni'" sull'impianto per ovviare a un'anomalia del sistema frenante.

Tadini avrebbe aperto l'impianto alle 9 del mattino facendo fare un giro di prova a una cabina della funivia. Lo stesso avrebbe ispezionato la cabina che sarebbe poi crollata, rilevando una "anomalia sull'impianto frenante". Inparticolare ha riferito di aver udito un "rumore" che era "caratteristico". A quel punto Tadini avrebbe deciso di lasciare inserito il forchettone in quella cabina, che poi sarebbe caduta.

Sempre secondo la procura di Verbania Tadini aveva condiviso la decisione di disattivare il sistema frenante sia con Nerini che con Perocchio. Il fatto che a richiedere l'intervento dei tecnici per due volte sia stato lo stesso Tadini dimostra che egli "fosse assolutamente consapevole delle anomalie" e sarebbe "irrealistico" pensare che non fosse a conoscenza dei "forchettoni".

In un altro passaggio contenuto nella richiesta di convalida del fermo che riporta parte delle dichiarazioni rese da Tadini si legge che la cabina numero 3 aveva i freni di emergenza disattivati non solo domenica 23 maggio, quando si è verificata la tragedia, ma anche il giorno prima. Una scelta legata al fatto che il sistema segnalava in modo costante un problema ai freni, ossia una perdita di pressione che faceva scattare le ganasce. Tadini ha dichiarato che la scorsa domenica la scelta di inibire il sistema frenante era stata soltanto sua tanto che non aveva avvertito altre persone. Inoltre lo stesso Tadini ha aggiunto che anche il giorno precedente, in considerazione del fatto che la cabina numero 3 presentava gli stessi problemi, aveva evitato di togliere il "forchettone", facendola viaggiare tutto il giorno con il sistema frenante inibito. In questo caso non aveva annotato l'evento sul libro giornale, né avvisato altri.

Le accuse a Nerini

Nerini deve restare in carcere "stante la già dimostrata insofferenza ad uno scrupoloso rispetto delle misure di sicurezza volte a tutelare l'incolumità degli utenti di tale genere di impianti". Nerini, tra l’altro, è anche gestore dell'impianto di attrazione Alpyland dove si sono verificati due incidenti in cui sono rimasti feriti un dipendente e un passeggero e ha un procedimento penale in corso.

Oggi gli interrogatori dei tre fermati

Sono stati fissati per questa mattina gli interrogatori di convalida dei fermi per Nerini, Perocchio e Tadini che compariranno davanti al gip Donatella Banci Buonamici, che è anche presidente dell'ufficio.

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