La verità sul cavo del Mottarone: "Cosa è successo"

Il comandante dei carabinieri di Verbano-Cusio-Ossola fa il punto delle indagini sulla tragedia del Mottarone

La verità sul cavo del Mottarone: "Cosa è successo"

“Il cavo trainante non è spezzato e non è tranciato. È sfilacciato”. È molto preciso, pesa sillaba per sillaba, il colonnello dei Carabinieri Alberto Cicognani, comandante dell’Arma nella provincia Verbano-Cusio-Ossola. La divisa cucita come una seconda pelle, 7 anni al comando dei corazzieri del Quirinale, 4 anni al comando di Olbia e della Sardegna settentrionale dove ha assicurato alla giustizia l’inafferrabile “Diabolik delle ville”, in Sicilia ha arrestato i mafiosi marsalesi Antonino Rallo e Francesco De Vita. Insomma, non è certo uomo facile a parole pronunciate in libertà.

Comandante Cicognani, in che senso il cavo trainante della funivia del Mottarone non si è spezzato? “Non poteva spezzarsi un cavo in ottime condizioni, come dimostrato dall’esame elettromagnetico di novembre. Quando abbiamo visto l’esame ci eravamo spaventati perché risultava rotto in vari punti. Ma la rottura dei microfili non incide sulla forza e sulla capacità di portata del cavo, dipende dalla distribuzione sull’intera lunghezza del cavo”.

Il tratto tra la stazione Alpino e il capolinea del Mottarone, nel quale si è verificato l’incidente, misura 3.020 metri. Quindi le ‘fratture’ rilevate dall’esame elettromagnetico erano distribuite in tutta la lunghezza di un cavo di queste dimensioni?

“Esattamente. Quell’esame è compatibile con un cavo assolutamente ‘sano’, perfettamente in grado di essere funzionale all’impianto”.

È possibile che una prolungata disattivazione dei freni d’emergenza della cabina abbia portato a un’usura anomala del cavo trainante?

“Ieri pomeriggio è arrivato il consulente tecnico nominato dalla Procura della Repubblica di Verbania. È rimasto sul luogo della tragedia fino a tarda sera per un’analisi scrupolosa delle lamiere e di ciò che è rimasto dell’impianto della funivia. Non si può allo stato escludere nessuna ipotesi, nemmeno quella di un’usura anomala. La procuratrice Olimpia Bossi, che coordina le indagini, sta facendo procedere tutta la squadra di lavoro schematicamente, a cerchi concentrici progressivamente stringenti”.

Indagini rapide. A mezzogiorno di domenica 23 maggio la tragedia, martedì 25 maggio alle 17 inizia l’interrogatorio di Gabriele Tadini, 64 anni, responsabile del servizio della funivia del Mottarone. Cosa è accaduto?

“Tadini è entrato nella caserma dei carabinieri di Stresa come persona informata sui fatti. In seguito è divenuto un indagato. L’interrogatorio è durato 11 ore”.

Quindi si è concluso nelle prime ore di mercoledì 25 maggio, verso le 4 del mattino. Come mai un interrogatorio così lungo? Il Tadini era forse reticente?

“Tutt’altro. È un lavoratore, molto cattolico, ha avvertito subito il peso sulla coscienza della tragedia che era accaduta. Si sentiva realmente l’unico colpevole. Continuava a ripetere di essere stato lui il responsabile di tutte le manovre della funivia durante la mattina dell’incidente. Ma questo non è sufficiente a un’indagine. Sono infatti necessari i riscontri a queste dichiarazioni. Ecco perchè l’interrogatorio è durato tante ore”.

Tadini ha pianto durante l’interrogatorio?

“Sì, era distrutto. Anche perché fino a qualche giorno fa tutta la comunità lo considerava una persona seria e perbene, come in effetti era. Non è un criminale, non è un delinquente. Ovvio che, con una lunga esperienza lavorativa alle spalle di 40 anni, sia perfettamente consapevole che la scellerata rimozione dei freni d’emergenza ha esposto i passeggeri a un rischio folle, che purtroppo è diventato tragica realtà. Ma certamente non è questa la sede per un processo”.

Le altre due persone arrestate, l’amministratore delegato della società Ferrovie del Mottarone Luigi Nerini e il consulente Enrico Perocchio, come sono state coinvolte nella vicenda?

“Siamo a mercoledì 26 maggio. Li ho contattati io stesso al telefono invitandoli a presentarsi in caserma a Stresa. Si sono presentati spontaneamente e hanno rilasciato anche loro alcune dichiarazioni. Tutti e tre, anche il Tadini, sono stati portati in carcere perché è stato ravvisato il pericolo di fuga, uno dei presupposti di legge per la custodia cautelare”.

Alcuni media nei giorni scorsi hanno ipotizzato che molti abitanti di Stresa fossero a conoscenza del fatto che già in passato i freni d’emergenza delle cabine della funivia erano stati rimossi. È un’ipotesi fondata o è una bufala?

“Stiamo parlando di una comunità di circa 5.000 cittadini, ci si conosce un po’ tutti. L’imprenditore Nerini è nato e cresciuto qui. Ha avuto e ha rapporti di amicizia e di inimicizia, quest’intrecci pesano sia in positivo che in negativo nelle circostanze che un determinato contesto sociale addebita a una singola persona. Certo, alcuni cittadini ci hanno riferito della possibilità che questi freni fossero stati disabilitati anche in passato. Ma sono dichiarazioni molto difficili da verificare, allo stato attuale. E senza verifiche e riscontri restano solo voci, niente di più”.

Ora le indagini cosa dovranno appurare?

“Direi i pesi delle responsabilità dei tre cittadini coinvolti. Non possiamo permetterci di tenere un’ora oltre il necessario in carcere cittadini che non siano ancora stati sottoposti a processo. Ecco perché stiamo lavorando pancia a terra, coordinati dalla procuratrice Bossi. Inoltre dobbiamo una risposta ai familiari delle 14 vittime e a tutti gli italiani”.

Qual è stata la situazione che vi si è presentata domenica appena siete giunti sul Mottarone?

“Nessuno dovrebbe sapere cosa abbiamo visto. Un tratto di montagna era sconvolto, lamiere e corpi ovunque. In tanti anni di servizio operativo non mi era mai capitato di vivere una situazione simile. Si pensi che tutto l’apparato che agganciava la cabina passeggeri ai cavi della funivia si è conficcata nel tronco di un albero. Stiamo organizzandone la rimozione in sicurezza affinchè il consulente tecnico possa analizzarlo”.

Il piccolo Eitan, 5 anni, unico sopravvissuto alla tragedia e restato orfano di entrambi i genitori, è diventato il figlio di tutti…

“È l’unica cosa che rincuora di questa tragedia. Molti cittadini sono venuti anche da noi carabinieri a offrire soldi, addirittura a offrirsi come genitori adottivi. Una cosa commovente”.

Comandante Cicognani, lei è in servizio sul territorio Verbano-Cusio-Ossola dal settembre 2019.

In precedenza l’Arma era mai stata allertata per anomalie riguardanti il funzionamento della funivia del Mottarone?

“No, mai. E anzi molti ritenevano e continuano a ritenere la funivia un mezzo di trasporto tra i più sicuri”.

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