Salta gli occhi l'incredibile accanimento politico e mediatico contro il capo della Comunicazione della Regione Lazio, Marcello De Angelis, che ha un suo background neofascista, per aver dichiarato di non credere alla colpevolezza delle primule nere dell'eversione di destra Francesca Mambro, Giusva Fioravanti e Luigi Ciavardini, perché questa è la sua opinione. È lecito avere una opinione diversa da quella scritta su una sentenza? Sì, e vale per De Angelis come per chiunque. Nel caso di De Angelis si deve però aggiungere che da lui, per la sua conoscenza e coerenza ci si aspetta di più: se è così sicuro che Mambro, Fioravanti e Ciavardini siano innocenti, provi a fare un passo in più e documenti la sua convinzione.
Chi scrive, lo dico a mo' d'esempio, non crede alle sentenze su Ustica, sul caso Moro e sulle morti di Falcone e Borsellino.
Quando Adriano Sofri, ex leader di Lotta Continua, fu arrestato e condannato per l'omicidio del commissario Luigi Calabresi il 17 maggio del 1972 molti intellettuali di destra e di sinistra si schierarono contro quella sentenza ritenendola inadeguata a rappresentare il contesto storico dei fatti.
De Angelis è stato sempre un uomo di «parte nera» e ha avuto anche un fratello morto in circostanze non del tutto chiare nel 1980. E ora dichiara forsennatamente che a suo parere i tre ex terroristi neri Fioravanti, Mambro e Ciavardini non hanno nulla a che vedere con la strage di Bologna per cui invece sono stati condannati e assistiamo ogni giorno alla pressante richiesta di non farlo parlare, di licenziarlo, colpirlo in qualsiasi modo, di costringerlo alle dimissioni per aver esercitato un diritto e merita di essere difeso perché la libertà di opinione va difesa anche a favore di chi probabilmente te la toglierebbe se fosse lui al comando. Ma ci aspettiamo da lui uno sforzo ulteriore.
È certamente vero che Mambro, Fioravanti e Ciavardini avrebbero ricevuto cospicui premi giudiziari se avessero accettato di accollarsi la strage di Bologna, essendo già ergastolani per feroci delitti che avevano confessato con sfrontato orgoglio. Sarebbe stato nel loro interesse e invece hanno detto: «Abbiamo sempre rivendicato la nostra responsabilità, ma con questo crimine non c'entriamo, neghiamo le accuse e rinunciamo ai vantaggi». Contro Marcello De Angelis è scattato un automatismo da vecchissima sinistra ottusamente persecutoria e che sa soltanto lanciare anatemi e invocare rappresaglie. Un comportamento che dà l'idea di una grande coda di paglia e che è indigeribile in un Paese che tuteli il diritto di dissentire specialmente quando il dissenso riguarda l'operato di alcuni magistrati.
Il dissenso era considerato doveroso, più che legittimo durante il caso Sofri mentre nel caso De Angelis la libertà di dissentire viene criminalizzata. Proprio per questo chiediamo a De Angelis di aiutare la verità fornendo elementi di prova.
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