Un giorno a caccia del killer. A Budrio con i reparti speciali

Sulle tracce del killer russo che ha ucciso il barista

Un giorno a caccia del killer. A Budrio con i reparti speciali

Si nasconde in queste campagne vuote e selvagge, di mosche e cicale, in cui un cavalcavia è una collina e una palazzina di tre piani un grattacielo, il killer di Davide Fabbri, il barista di 51 anni ucciso a bruciapelo sabato scorso da un uomo con accento straniero nel corso di una rapina a Riccardina, frazione di Budrio, nel Bolognese, nel bar Gallo famoso fino a una settimana fa soltanto per certe salsiccette che Davide faceva in casa e per cui molti venivano qui, nel mezzo del niente. Si acquatta qui, quell'uomo, non si è allontanato, e vive come nell'unico modo che sa, come un lupo braccato e coi denti sporchi di sangue. Probabilmente è Igor Vaclavic, 41 anni, ex militare dell'Armata Rossa, uzbeko che i russi non riconoscono come proprio cittadino, trasformandolo così in un fantasma disperato e selvaggio, difficile da catturare e impossibile da espellere. Uno che avrebbe già rapinato dell'arma, forse la stessa usata per ammazzare Fabbri, una guardia giurata a Consandolo, nel Ferrarese. Uno che forse avrebbe anche ucciso un altro vigilante, Salvatore Chianese, in una cava del Ravennate due anni fa. Uno che in Italia non ci sarebbe dovuto essere più da un pezzo, ma esiste una legge degli uomini e una legge dei codici, e purtroppo sono scritte in due lingue diverse. Probabilmente è lui ma forse è qualcun altro, comunque uno straniero perché i testimoni su questo sono sicuri, lo hanno sentito urlare con un accento diverso. Comunque è qui, non si è spostato, non saprebbe nemmeno come fare, non legge i giornali e non vede le foto segnaletiche pubblicate, di fronte e di profilo. Ne sono convinti i carabinieri, che da ieri pattugliano questo panorama orizzontale e noioso come la giornata di un postelegrafonico con l'aiuto dei militari dello squadrone Cacciatori di Calabria, giunti dal profondo Sud, avvezzi a perlustrare campagne e casolari, addestrati per cercare sequestrati e latitanti nella Sila e nella Barbagia e ora qui, in una differente e più lineare giungla. Un blitz avviene davanti ai nostri occhi: i carabinieri, coordinati dal maresciallo capo Pasquale Maggiore, adocchiano un edificio diroccato nelle campagne tra Budrio e Molinella, si preparano in silenzio dietro la camionetta, poi assaltano quelle mura diroccate urlando, sfondano la porta armati di mitra e bardati come a una guerra. Risponde l'eco sordo del vuoto, lì non c'è nessuno, ma prima o poi ci sarà, prima o poi la bestia sarà catturata.

Lo vogliono i carabinieri e le altre forze dell'ordine. Lo vuole la giustizia. Lo pretendono gli abitanti di Budrio che da sabato sera vivono tutto questo come un film da vedere con la mano davanti agli occhi. «Già questo posto era morto prima, ora di sera non vedi un'anima in giro, c'è il coprifuoco», dice Nicola con l'aria precocemente indurita che assumono gli abitanti di Nullopoli quando un delitto li mette al centro dell'attenzione, e quindi c'è un giornalista a ogni angolo, «e io ormai li riconosco al volo». Contento lui. Non è contenta Fiorenza Mazzini, che si ferma a prendere un caffè in un bar in via Bissolati, a due passi da quella piazza Quirico Filopanti che celebra come gloria locale l'inventore niente di meno dei fusi orari, e invoca il diritto di difendersi da soli se nessun altro lo fa. «Dico, se tu pensi di avere il diritto di entrare a casa mia io avrò pure il diritto di darti un colpo in testa. Non sa che rabbia mi fanno quelli che in tv in questi giorni continuano a fare i buoni. No, questo governo fa schifo. E comunque su Budrio da qualche giorno è sceso un velo nero. Ma non so se mi spiego, le parole io non le so trovare». No, le trova benissimo Fiorenza, stia tranquilla. Il bar di Riccardina intanto è ancora transennato, con la scritta nuova «chiuso per lutto» sulle serrande e quella più vecchia «vendesi» sulla cassetta postale rossa. Come se qualcuno volesse inquinare una scena del crimine ormai frequentata solo da troupe che non sanno con quale inquadratura rendere in tv meno nullo il nulla. Ieri, fanno sapere gli inquirenti, i Ris hanno isolato due profili del Dna dalla striscia di sangue trovata dentro un bar: quello della vittima e del suo esecutore, probabilmente. Bisognerà vedere se in qualche database quel codice genetico c'è già. Altrimenti resterà là, in attesa che ci sia un arrestato su cui confrontarlo. E oggi ci saranno i funerali di Davide.

Mezzo paese, chi asciugandosi le lacrime chi asciugandosi la rabbia, seguirà la salma dall'ospedale cittadino alla chiesa di Pieve di Budrio e poi al cimitero cittadino. Magari se il killer sarà trovato sarà una cerimonia meno triste. E magari no.

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