Gisella Taranto è una bella ragazza di Lucca di 31 anni che ha sempre amato l'arte e la musica e ha fatto del metodo e della costanza una caratteristica del proprio modo di vivere. Da quando ha ventiquattro anni, lavora per un'azienda che produce macchinari da cantiere; una ditta a conduzione familiare cui Gisella è molto legata.
Metodica, puntuale, costante e precisa, tutte peculiarità che sono inizialmente servite alla giovane per superare quell'insicurezza e timidezza tipiche di molti adolescenti Gisella conduce una vita tranquilla, accanto ai propri genitori e alla sorella gemella Denis, ascoltando le canzoni dei Backstreet Boy e delle Spice Girls, oppure guardando le opere di Salvador Dalì e Andy Wharol o suonando la chitarra. Sin da quando ha 16 anni, inizia a lavorare prima in un call-center poi come babysitter e anche in una pizzeria per racimolare qualche soldo per gli svaghi.
Gisella è fidanzata dal 2005 con Gabriele, un giovane di un anno più grande, e finalmente, dopo una breve convivenza, aveva fissato la data del matrimonio nel settembre 2013.
Tutto questo fino a quella fatidica sera del 18 marzo, quando il destino arriva a bussare alla porta della sua vita. Quella sera a Segromigno, una frazione di Capannori in provincia di Lucca, dove Gisella e Gabriele vivono, spira un forte vento. Come ogni sera lei, terminato il lavoro, va in palestra per rimanerci circa un'ora e poi rincasare. Gabriele nel settembre del 2012 aveva donato a Gisella un anello di fidanzamento per chiederla in sposa. Un anello cui, naturalmente, Gisella è da sempre molto legata. Quella sera, però, per qualche istante si ferma a pensare se metterlo o no.
Quegli istanti sono stati decisivi. Gisella sale in macchina in direzione Segromigno in Monte e sta viaggiando su via Emilio Angeli dove, c'è un semaforo che da sempre, «maledizione» abituale, ogni volta che lei arriva diventa rosso. Non quella sera. Stavolta Gisella attraversa con il verde l'incrocio: si risveglierà più tardi in ospedale.
Quella sequenza improvvisamente interrotta nella memoria di Gisella è riportata dalle cronache dei giornali e dai rilievi della Polizia Stradale. In località Quattro Venti (sic) le forti raffiche di vento avevano sradicato un grosso pioppo che si era abbattuto sulla sua macchina. C'erano volute ore per estrarla dalle lamiere dell'auto. Quel risveglio fu drammatico: tetraplegia post traumatica. Gisella guardava immobile dal suo letto i visi dei propri parenti, della sorella e dei medici che le facevano capire come più nulla sarebbe stato come prima e che il suo destino sarebbe stato quello di vivere su una sedia a rotelle.
Gisella non poteva muovere un dito, il corpo non rispondeva più ai comandi del cervello.
Ma la giovane ragazza non ha mai creduto di dover rimanere inchiodata su una sedia a rotelle, immobilizzata per tutta la vita. C'era il matrimonio, la passione per la corsa, il lavoro e mille progetti cui dare seguito.Così superando molte operazioni che cercarono di stabilizzare con lastre di titanio la colonna vertebrale Gisella inizia la rieducazione.
«Aprire dopo sei mesi un barattolo di yogurt è stata una conquista straordinaria», racconta con il temperamento di una vera combattente.Poi lentamente è riuscita a fare il primo passo, poi un altro fino ad arrivare addirittura a corricchiare per venti minuti.
Gisella non ha mai creduto di dover restare paralizzata e oggi, che si è finalmente sposata con il suo Gabriele, non vorrebbe scartare il giorno dell'incidente.
«Mi ha fatto capire l'importanza della vita, mi ha dato ancora più convinzione che se uno crede in ciò che vuole fare riesce, prima o poi, a raggiungere l'obiettivo».
Niente male per una ragazza cui due anni fa dissero che probabilmente non avrebbe più potuto camminare.
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