Conte alle prese con la manovra: servono 22 miliardi

La crescita frena e gli interessi aumentano di 4 miliardi. Ora il governo cerca i soldi per mantenere le promesse elettorali. E spera in uno sconto da Bruxelles

Conte alle prese con la manovra: servono 22 miliardi

Il prossimo importante appuntamento per il governo Conte è la manovra finanziaria, con la nota di aggiornamento al Def da presentare entro il 20 settembre. Solo allora, si capirà se il reddito di cittadinanza e la flat tax saranno una realtà o una chimera e che effetti avranno.

Lo spauracchio dello Spread è in agguato

Il differenziale con i Bund, tra la fine di marzo e l'inizio di aprile, quando è stato definito il Def tendenziale era poco sopra i 120 punti e, come ricorda Il Sole 24 ore, saranno i numeri di settembre a decidere la differenza rispetto a quel preventivo. Oggi siamo a 233, e i calcoli ufficiali del Def pesano il costo di 100 punti di rendimento fra i 3,6 e i 4,5 (Upb) miliardi di spesa aggiuntiva a seconda di come si distribuiscono sulla curva dei tassi. A giugno, secondo gli ultimi dati del Mef, il rendimento all'emissione a 10 anni è stato 117 punti sopra ai livelli di aprile, mentre sui cinque anni la distanza è stata di 164 punti e sui 20 anni ci si è limitati a pagare 66 punti in più. C’è da tenere conto, inoltre, che domani il Tesoro metterà all’asta la prima tranche (fino a 4 miliardi) di un nuovo Btp decennale con una cedola del 2,8%, poco sotto al 3% di giugno ma assai più in alto dell'1,83% di aprile. A settembre, poi, scadono circa 24 miliardi di titoli.

Il timore di una bassa crescita e un aumento del debito

Le previsioni relative alla crescita del 2019, poi, sono al di sotto dell’1,4% indicato dal governo Gentiloni, ossia oscillano oscillano fra l'1% (Fmi) e l' 1,1% (Ocse, commissione Ue e Upb). La frenata dell'economia riduce inevitabilmente le entrate fiscali e quindi può portare a un aumento dello 0,15% del rapporto tra deficit e Pil. Chiudono questo primo quadro i 12,4 miliardi (lo 0,65% del Pil) di aumenti Iva da bloccare e le spese obbligatorie che un calcolo prudenziale colloca intorno ai 3,5 miliardi (0,2% del Pil). Detta in soldoni servono 22,4 miliardi per bloccare le clausole Iva (12,4 miliardi), finanziare le spese obbligatorie (3,5) ed evitare che interessi sul debito (4) e minore crescita (2,5) gonfino il deficit. A meno che il governo non decida di caricare tutto il conto sull' indebitamento netto portandolo dallo 0,8% programmato al 2%, ma il ministro Tria, mercoledì in Parlamento, ha escluso un tale scenario. Il suo obiettivo è quello di “non peggiorare” l'indebitamento netto fissato per quest' anno (1% lo strutturale), con uno sconto da sei decimali di Pil, pari a 11 miliardi che dimezzerebbero quindi lo sforzo iniziale.

Ed è sulla base di questi numeri che il governo dovrebbe avviare la tassa piatta, il reddito di cittadinanza e pensioni e l’aumento della spesa sanitaria, che secondo il contratto di governo dovrebbe salire di nuovo rispetto al Pil e non solo in termini nominali. Non si può, infine, dimenticare il rinnovo dei contratti del pubblico impiego che avrebbe bisogno di un nuovo stanziamento, oltre ai 5 miliardi dell' ultima tornata.

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