Grasso tuona sui vitalizi ma sistema parenti e amici

L'ex presidente del Senato Pietro Grasso ieri se l'è presa con la commissione Contenzioso di Palazzo Madama che ha annullato la delibera che negò il vitalizio ai parlamentari condannati in via definitiva per reati di particolare gravità

Grasso tuona sui vitalizi ma sistema parenti e amici

L'ex presidente del Senato Pietro Grasso ieri se l'è presa, in una lunga intervista al Fatto Quotidiano, con la commissione Contenzioso di Palazzo Madama che ha annullato la delibera che il 7 maggio 2015 negò il vitalizio ai parlamentari condannati in via definitiva per reati di particolare gravità, accogliendo così il ricorso di Roberto Formigoni. Per l'ex seconda carica dello Stato, quella decisione apre al ritorno dell'assegno pure per i parlamentari «condannati per mafia o terrorismo», ed è dunque «errata». Una forte presa di posizione contro i privilegi della Casta. Casta di cui pure il fondatore di Liberi e Uguali però fa parte. Irradiandone i vantaggi anche a persone a lui vicine.

Tra i benefit di cui godono le persone vicine all'ex procuratore nazionale antimafia sembra esserci una corsia preferenziale per entrare nei servizi segreti. Quando Grasso era presidente del Senato, per dirne una, la moglie di suo figlio Maurilio, Lara Panella, ha lasciato l'incarico di comandante della polizia stradale di Teramo per sbarcare, era il 2015, a Roma nei ranghi dell'intelligence. Un bel salto in avanti per la nuora del moralizzatore. Per colmare la distanza tra i coniugi, l'anno dopo Maurilio Grasso, funzionario di polizia, viene trasferito dalla squadra mobile dell'Aquila a quella capitolina.

Un posto nei servizi segreti lo avrebbe ottenuto anche la moglie di Rosario Salvatore Aitala, magistrato e consigliere per gli Affari internazionali di Grasso quand'era presidente del Senato (e in precedenza già con Frattini alla Farnesina). Di Aitala, Grasso è sempre stato una sorta di nume tutelare. Che gli sta accanto anche nel braccio di ferro al Csm, quando nel 2016, da dodici anni fuori ruolo, Aitala chiede di restare con l'ex procuratore nazionale antimafia a Palazzo Madama per completare l'incarico. Il Csm era spaccato tra favorevoli e contrari nel confermare il collocamento fuori ruolo oltre le scadenze massime, ma Grasso scrisse a Palazzo dei Marescialli per caldeggiare la necessità di avere al suo fianco il suo fedelissimo. Aitala ce la fece, e poco dopo passò a un altro (e alto) incarico: a dicembre dell'anno successivo Aitala viene eletto tra i giudici della Corte Penale Internazionale dell'Aia senza avere quasi mai fatto il giudice (e senza avere mai diretto una Procura, a differenza del suo predecessore Cuno Tarfusser).

Ma, al di là delle brillanti carriere di chi è nella sua cerchia, Grasso è finito anche direttamente invischiato nelle beghe tipiche della classe politica che ha sposato dopo aver smesso la toga. Come quando, lasciato il Pd proprio per creare Leu, nello stesso giorno del varo della nuova sigla si vide recapitare dalla tesoreria dem un decreto ingiuntivo con la richiesta di restituire 83.250 euro. Motivo? Morosità. Per i cinque anni precedenti, Grasso si sarebbe scordato di versare la quota mensile (1.500 euro) dello stipendio da parlamentare che era tenuto a devolvere alle casse del partito, classificandosi primo nella classifica dei 62 cattivi pagatori Pd. All'epoca rispose piccato, spiegando che avrebbe fatto opposizione. Giustificazioni che non convinsero l'allora tesoriere democratico Francesco Bonifazi: «Se Grasso insiste tagliò corto - andremo avanti perché dove non arriva il buon senso, arrivano i decreti ingiuntivi».

Anche il più classico dei temi da Casta, quello del mattone, ha visto saltare fuori il nome di Grasso. Pure lui, come tanti politici, capace di assicurarsi una bella casa romana a un prezzo ben al di sotto del valore di mercato. La storia salta fuori nel 2013, ma risale al 1999, quando Grasso affitta dal Campidoglio e dalla Cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali una casa di sei vani e mezzo più cantina e posto auto all'Eur.

Due anni dopo, da inquilino (non residente, visto che era tornato a fare il procuratore a Palermo), se la compra. Grazie allo sconto riservato agli affittuari delle case degli enti pubblici, la paga solo 255mila euro: il 48 per cento in meno del valore di mercato. E la casa viene messa in sicurezza: a spese di chi?

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