I furti di farmaci salvavita: il nuovo business della criminalità

Ogni mese razzie per 1,2 milioni di euro in farmacie, ospedali e furgoni per il trasporto. I malviventi agiscono a volto coperto con tecniche paramilitari

I furti di farmaci salvavita: il nuovo business della criminalità

In Italia, il debito pubblico è elevato e le spesa sono cresciute esponenzialmente negli ultimo anni, ma gli sprechi sembrano aumentare. E fra le spese più elevate figurano quelle destinate all'acquisto dei farmaci salvavita, fondamentali per curare tumori, infezioni ed epatite C.

Secondo quanto riporta la Verità, infatti, tra il 2016 e il 1018 sono stati spesi circa 18 miliardi di euro, per rifornire gli ospedali pubblici. Un investimento più che legittimo, se non fosse poi che questi prodotti finiscano nelle tasche delle mafie. Ogni mese, infatti, il Sistema sanitario nazionale subisce danni per circa 1,2 milioni di euro e secondo i dati dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), quest'anno in tutta Italia si sono registrati in media quattro furti al mese, da circa 300mila euro l'uno.

Diventano sempre più frequanti i furti di medicinali salvavita che, una volta rubati, vengono spesso rivenduti in Africa, Cina, Europa dell'Est. Così, ospedali, farmacie e camion per il trasporto vengono presi d'assalto. I ladri arrivano preparati: in mano una lista con i prodotti da sottrarre, addosso tute mimetiche e passamontagna per evitare di essere identificati. Poi entrano in azione, sfondando porte o scassinando serrature, spesso con l'aiuto di un membro della banda che fa da talpa dall'interno della struttura.

Le razzie sono sempre più frequenti e non bastano le operazioni di polizia e carabinieri (l'ultima a Cremona) per contenere il fenomeno.

Il maggior numero di colpi avviene al Sud, dove si susseguono furti da migliaia di euro l'uno: uno degli ultimi ritrovamenti della refurtiva risale al 20 agosto a Bari, quando la polizia ha scoperto 300mila di medicinali usati per combattere l'infertilità femminile. Tutti sono stati trovati mal conservati e quindi non più utilizzabili. Un danno, non solo economico, che colpisce la sanità italiana.

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