Per scendere dall’aereo che l’ha riportata a casa, in Italia, Silvia Romano non ha voluto spogliarsi del suo "jilbab" verde, l’abito tradizionale delle donne musulmane somale. La sua conversione all'Islam "è stata spontanea", racconterà lei stessa agli investigatori del Ros subito dopo l'atterraggio a Ciampino e gli abbracci con la famiglia. "È stata una mia libera scelta, non c'è stata nessuna costrizione da parte dei rapitori", ha detto la cooperante 24enne rapita nel 2018 in Kenya, aggiungendo di non essere stata forzata a sposarsi, né di aver subito "costrizioni fisiche e violenze".
Durante i diciotto mesi della sua prigionia, ha detto agli inquirenti, non si è mai sentita una "carcerata", sebbene i suoi rapitori, con tutta probabilità legati al gruppo jihadista Al Shabaab, l’abbiano tenuta nascosta per mesi nella Somalia centrale e meridionale. Il cambiamento, racconta la cooperante milanese, sarebbe avvenuto a metà del sequestro, quando avrebbe chiesto di sua volontà ai suoi rapitori di poter leggere il Corano. Ma le sue parole e la decisione di mostrarsi con il velo, dopo quasi due anni nelle mani di un gruppo islamista che in Africa ha massacrato e continua a massacrare centinaia di cristiani, fa discutere.
E ad inserirsi nel dibattito è anche la comunità musulmana. Ieri l’Ucoii, l’Unione delle Comunità Islamiche d'Italia, aveva chiesto di fermare i "vili attacchi islamofobi da parte di alcuni giornalisti e opinionisti che vogliono minare ogni tipo di diritto e di libera scelta che un individuo può compiere nel rispetto di tutti". "La libera e legittima scelta di Silvia Romano di abbracciare l'Islam ha suscitato scandalo e scalpore in persone che sostengono di difendere i valori della nostra società occidentale basata sulla libertà – ha denunciato l’Ucoii - la stessa che in questo caso non si vuole ammettere per il solo motivo che la Romano sembra aver scelto l'Islam come religione".
Oggi l’Imam di Catania Abdelhafid Kheit, sentito dall'Adnkronos, ha chiesto di mettere a tacere le "voci estremiste che non portano a nulla". La scelta di Silvia Romano, ha detto il chierico, "appartiene alla sfera privata" che "non tocca a noi giudicare". Per questo l’imam ha invitato tutti a "non buttare fango su una persona che ha vissuto sulla sua pelle 18 lunghi mesi di prigionia di cui nessuno di noi sa". "E se un domani dicesse di averlo detto perché era stata costretta?", si domanda il religioso. La scelta di convertirsi all’Islam, ribadisce, rientra nella sfera della "libertà religiosa": "Nessuno ha il diritto di commentare situazioni private".
Sulla stessa linea, Amar Abdllah, imam di Napoli, convinto che la conversione sia stata una libera scelta, nonostante un sequestro durato mesi: "È adulta e nessuno può forzare un adulto a scegliere qualcosa, è matura, e nessuno può fargli il lavaggio del cervello per indurla a cambiare idee e principii". "L'Islam – ha aggiunto - non accetta le conversioni forzate". Anche se, purtroppo, è questa la triste realtà in alcuni Paesi a maggioranza musulmana, come ad esempio il Pakistan, dove si contano migliaia di donne cristiane o indù costrette ogni anno ad aderire alla religione islamica con la violenza.
"Il fatto che abbia scelto volontariamente l'Islam ci fa piacere, siamo convinti che l'adesione ad una religione debba essere libera e senza costrizioni, incentiviamo per questo il dialogo tra le religioni, perché ci sia un rispetto reciproco", esulta anche l’Imam della comunità musulmana di Genova, Salah Husein. Anche lui si scaglia contro i "pregiudizi" di cui i musulmani spesso sarebbero "vittime". "Ma ogni qual volta qualcuno ci ha conosciuti più da vicino, conoscendo la nostra religione ne è rimasto affascinato, e ha capito che il terrorismo non fa parte della nostra fede", ha commentato.
Anche il capo della comunità islamica milanese, Yahya Pallavicini, giudica "fuori luogo" le polemiche sul fatto che la conversione di Silvia possa essere stata imposta dai fondamentalisti durante il periodo del sequestro: "Se parliamo di conversione, abbigliamento, rischiamo di fare speculazioni cercando qualcosa di oscuro quando la notizia è che è tornata e basta". "In una situazione di travaglio come quella che lei ha dovuto vivere – ha poi aggiunto - la riscoperta di una fede può essere un sostegno, poteva anche essere quella d'origine, non doveva necessariamente cambiarla, ma i movimenti dell'animo umano sono un mistero".
L’imam, che ha detto di essere pronto ad incontrare la ragazza per accoglierla nella comunità dei musulmani milanesi, ha chiarito infine che se la conversione è stata frutto di una "sensibilità profonda, consapevole e onesta che l'ha
avvicinata alla religione islamica", bisognerebbe avere "soltanto grande rispetto per lei". Altrimenti, se la scelta di abbracciare l’Islam non fosse né "consapevole né onesta", ha ammesso, "ci dispiacerebbe".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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