Gli impostori delle imposte

La tesi per cui la riforma tributaria va fatta a costo zero è un caso tipico di "impostopoli"

Gli impostori delle imposte

La tesi per cui la riforma tributaria va fatta a costo zero è un caso tipico di «impostopoli». Si vuole trovare per ogni riduzione delle imposte la copertura con tagli ad agevolazioni, in particolare con l'abrogazione retroattiva delle cosiddette «spese fiscali», come le rate annuali di crediti di imposta per i lavori negli immobili o quelle di una pensione privata. Ciò è incostituzionale e controproducente, perché crea incertezze sul futuro, danneggiando la crescita economica. Ci sono due ragioni per cui questa tesi è sbagliata, in particolare dopo che la pandemia ha generato molta capacità produttiva inutilizzata. Quando c'è capacità produttiva non utilizzata, la spesa in deficit non crea un buco nel bilancio, genera un prodotto nazionale non equivalente ma maggiore, dato il moltiplicatore dei consumi e lo stimolo a fare investimenti per coprire la futura domanda. Un'altra ragione è che è dimostrato da innumerevoli studi econometrici, in particolare del mio gruppo dell'Università di Roma la Sapienza, che riducendo le imposte eccessive si aumenta il gettito. Se non subito, in pochi anni. Lo sostiene anche James Buchanan, premio Nobel all'Economia. C'è però una spiegazione del perché la sinistra insiste nella tesi delle «coperture». Ed è che sia per valorizzare la capacità produttiva non utilizzata, sia per fare funzionare la curva di Laffer, bisogna accompagnare gli sgravi fiscali con la deregolamentazione del mercato del lavoro e degli investimenti. Il primo è ingessato dalle incertezze sulle regole e la loro modalità. Non si capisce che cosa sia il lavoro occasionale, che pare essere libero da imposte sino a 8mila euro e non è chiaro se, come e quando si debbano compilare dei moduli per ottenerlo. I contratti aziendali di produttività, che generano l'utilizzo di impianti e di forza lavoro per i turni festivi e notturni, non sono premiati. Gli economisti calcolano l'ingessatura del mercato del lavoro con il nairu, sigla inglese che indica il tasso di disoccupazione oltre cui cominciano a salire i salari perché c'è carenza di offerta di lavoratori: negli Usa è al 3%, in Germania al 2-2,5% e in Italia all'8%. Ossia, le regolamentazioni bloccano il mercato del lavoro teoricamente disponibile.

Ripristinando la legge Biagi, che consentiva il lavoro semi-subordinato, in varie formule, fra cui quella ora molto richiesta del lavoro a distanza, non si licenzia nessuno. E si avvantaggiano donne e giovani. La ricerca della copertura per ogni sgravio fiscale dipende dalle regolamentazioni. Senza sbloccarle la riforma fiscale è impossibile.

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