Si attendeva di comprendere i perché dietro alle acquisizioni di documenti ed apparati elettronici in Vaticano: per gli organi interni deputati ad indagare esistono "gravi indizi di peculato, truffa, abuso d'ufficio, riciclaggio, autoriciclaggio". Ma per un revisore si potrebbe parlare pure di "appropriazione indebita", "corruzione" e "favoreggiamento". Se da una parte la vicenda inizia ad essere più chiara, dall'altra il rischio di un Vatileaks 3 sembra palesarsi per davvero. In queste ore stanno emergendo novità di rilievo. Almeno in relazione alle indagini che sono state messe in campo. Conoscevamo già la natura di un provvedimento teso alla sospensione di 5 persone incaricate presso la Santa Sede, ma i sospetti e i particolari attorno al caso non erano stati resi noti. Adesso è possibile annotare più di qualche dettaglio. Procediamo con ordine.
Era stato L'Espresso a dare le prime informazioni. E proprio per via della fuoriuscita di quelle informazioni dalle mura leonine, Domenico Giani, ormai ex capo della gendarmeria, è stato sostituito dal suo vice. Jorge Mario Bergoglio ha deciso così. Per quanto sia stato rimarcato più volte come non si possano attribuire al comandante delle responsabilità dirette. Si è vociferato, al limite, di una "omessa vigilanza". Ma Papa Francesco - come può essere approfondito su Il Corriere della Sera - ritiene comunque che quella "diffusione" sia stata equiparabile ad un "peccato mortale". L'ex numero uno della sicurezza del pontefice ha dunque salutato. Questi elementi appena elencati erano gli unici in possesso dei media sino a ieri. Poi sempre L'Espresso ha tirato fuori altro materiale. In questo senso, quella appena trascorsa è stata una giornata clou: è balzato agli onori delle cronache un altro documento, che riguarda appunto l'attività di chi sta cercando di fare luce su quelle che erano state definite presunte "operazioni finanziarie sospette".
Non si tratta solo del palazzo di lusso londinese, quello che la Segreteria di Stato avrebbe acquistato per 200milioni di dollari. Il quadro presentato dai cosiddetti "pm di Bergoglio" - quadro che ovviamente andrà verificato - è più complesso. C'è la questione dei fondi al di fuori del bilancio, che corrispondo a 650milioni di euro. Pure quelli, che proverrebbero in larga parte dall'Obolo di San Pietro, ossia dalle libere donazioni che i fedeli inoltrano al Santo Padre, sarebbero stati posti sotto la lente d'ingrandimento. Si vuole comprendere quale utilizzo sia stato fatto. Vale la pena sottolineare, poi, come l'epoca attenzionata, quella in cui queste operazioni sarebbero state effettuate, non riguardi solo il periodo in cui il sostituto della Segreteria di Stato corrispondeva al nome del cardinal Angelo Becciu, ma anche quello successivo, cioè quello da cui è stato incaricato mons. Parra, di cui abbiamo già parlato per via di tutt'altri motivi. Ma c'è dell'altro.
Sempre il settimanale sopracitato fa presente poi come l'indagine nomini "finanzieri come Raffaele Mincione e uomini d'affari chiacchierati come Gianluigi Torzi". E la storia pare intrecciarsi ancora di più. Infine, c'è almeno un'altra vicenda che viene circostanziata, quella denominata "Falcon Oil": dal Vaticano avrebbero provato ad acquistare una "piattaforma petrolifera davanti alle coste dell'Angola". E viene fatto presente anche il costo di questo che, comunque, rimarrebbe appunto un intento acquisitivo: 250milioni di dollari.
Insomma, tante questioni portate alla ribalta, mentre il Papa e i vescovi sinodali si stanno occupando di "ecologia integrale" nel Sinodo panamazzonico. Sinodo che, considerando quanto sta affiorando, corre il pericolo di passare in secondo piano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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