Belle e affascinanti, come vere e proprie top model. Solo che, invece di camminare sulle proprie gambe, sono sedute su una sedia a rotelle o si muovono con l’aiuto delle protesi. Da anni negli Stati Uniti, in Giappone, in Gran Bretagna o in Russia, le modelle disabili partecipano alle sfilate di alta moda. E tra loro, alcune sono diventate vere e proprie star. Come Winnie Harlow, l’indossatrice canadese di origini giamaicane affetta da vitiligine, o Rebekah Marine, modella con un "braccio bionico" da 23mila follower su Instagram.
Insomma, nell’industria mondiale del fashion, la parola d’ordine è esaltare le differenze. Ma il nostro Paese è pronto a raccogliere la sfida? “Di sicuro, non dovrebbe essere la carrozzina a farti escludere da un concorso di bellezza”. Ne è sicura Laura Miola, ventisettenne di Scauri, in provincia di Latina, che il prossimo 7 ottobre volerà a Varsavia per rappresentare l’Italia a Miss Wheelchair World, il concorso di bellezza mondiale dedicato alle ragazze in sedia a rotelle.
Occhi neri e fascino da vendere, Laura è nata con una neuropatia periferica genetica che le ha progressivamente paralizzato gli arti inferiori. “Fino al 2014 non sapevo da cosa dipendesse”, racconta a IlGiornale.it, “sapevo soltanto che un giorno non sarei stata più in grado di camminare”. Le sue gambe, infatti, sono diventate via via più deboli ed hanno smesso di funzionare definitivamente nel 2011. “I primi tempi è stato difficile accettare la carrozzina”, ci confessa, “ora invece ho capito di essere molto più libera rispetto a quando camminavo con le stampelle”.
Quando ha deciso di iscriversi al concorso, Laura, non credeva di arrivare fino in fondo. E, invece, è stata lei l’unica italiana a guadagnarsi la finale. “Senza pietismi”, ci tiene a sottolineare. “Le selezioni sono state dure”, racconta, “ed oltre ad essere giudicate per la nostra bellezza fisica abbiamo dovuto parlare della nostra visione della disabilità”. Tutte le ragazze che partecipano, spiega Laura, la vivono “come una cosa normale”. Ed è facile accorgersene scorrendo i profili delle finaliste. Tra loro ci sono sportive, conduttrici tv e modelle professioniste che puntano - perché no - anche alla passerella di Victoria’s Secret.
“La disabilità è una mia caratteristica fisica e non mi definisce come persona” sottolinea l’aspirante Miss, che lavora come social media manager per un’agenzia di viaggi e da quattro mesi è sposata con il suo storico fidanzato, Salvatore. E in attesa di sapere se sarà lei ad essere incoronata Miss Wheelchair World, Laura si batte assieme a Sara Manfuso, direttrice dell’associazione I Woman, perché le porte di concorsi importanti, come quello di Miss Italia, che si è appena concluso, vengano aperte anche alle ragazze disabili.
“Mi piacerebbe vedere un concorso dove tutti siano messi sulla stessa linea di partenza”, dice Laura, che sogna di poter gareggiare anche lei, un giorno, al concorso di Jesolo. “Una kermesse così importante dovrebbe essere al passo con i tempi e mettere le ragazze in carrozzina al pari di quelle che si muovono sulle proprie gambe”, le fa eco Sara Manfuso, invitando la patron del concorso, Patrizia Mirigliani - che nel 2011 ha rivoluzionato la competizione aprendo alle modelle curvy - a buttare giù un altro stereotipo. “Se la bellezza non è un canone, ma un insieme di fattori”, si chiede, infatti, la direttrice dell’associazione nata un anno fa per promuovere i diritti delle donne in ambito personale, familiare, lavorativo e del welfare, “perché ghettizzare queste ragazze, trattandole come una specie protetta?”. Per Sara, Laura ormai è un’amica, oltre che un esempio. La sua vita, infatti, è la negazione concreta di tutti i luoghi comuni sulla disabilità.
“Certo, le barriere architettoniche, quelle che ti lasciano fuori da un negozio o ti impediscono di passeggiare, esistono e fanno male", spiega la giovane, "il nostro è un Paese ancora molto arretrato sotto questo punto di vista”. Più dolorose, però, sono le diffidenze psicologiche, spesso più difficili da scavalcare rispetto ad un paio di scalini. “Le persone danno per scontato che la nostra vita sia fatta solo di dolore e sofferenza”, continua Laura, “e non si rendono conto, invece, che la nostra è un'esistenza come le altre, fatta di momenti brutti, certo, ma anche e soprattutto di cose belle”. Come quando, nel 2014, all’Istituto Carlo Besta di Milano, hanno scoperto che il gene difettoso all’origine della malattia di Laura è recessivo e non verrà trasmesso alle successive generazioni.
“È stato il giorno più bello della mia vita, assieme al giorno in cui ho ricevuto il bacio di Papa Francesco, esattamente un anno prima”, racconta la ragazza.I progetti per il futuro, quindi, sono tanti. E, di certo, non sarà la carrozzina a fermare Laura, che è già pronta a raggiungere Varsavia per portare a casa il titolo di Miss Wheelchair.
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