Sono gli eroi di tutti noi quei giovani che in cento città dell'immensità iraniana, 80 milioni di abitanti, vediamo da cinque giorni nelle strade pronti ad affrontare a mani nude il regime più aggressivo del mondo, i Basiji, le Guardie della rivoluzione, gli uomini dell'esercito e della polizia tutti quanti in difesa feroce di un regime che imprigiona, scudiscia e uccide i dissidenti, opprime le donne fino alla lapidazione, impicca gli omosessuali alle gru, ha fatto dello slogan «morte all'America e Israele» il suo più utilizzato grido di battaglia.
Javad Zarif, il sorridente ministro degli Esteri campione di strette di mano con l'Unione europea ha scritto in ottobre: «Gli iraniani, ragazzi, ragazze, uomini, donne, sono tutti Guardie della rivoluzione, al fianco di coloro che difendono gli iraniani e la regione contro l'aggressione e il terrorismo». Ma non è vero. I giovani iraniani non sono col regime. Sono figli di una cultura molto più lunga e ricca di quella della rivoluzione fanatica del 1979, non desiderano prendere le armi in Yemen o a Gaza a fianco della superstar della guerra, generale Qasem Suleimani, inviato armato di Khamenei e di Rouhani in Siria, a Gaza, in Irak, in Libano, per affermare una presenza imperiale.
I giovani vogliono avere un posto di lavoro, uno stipendio decente, una vita interessante, la libertà di collegarsi sui media negata sempre di più ora che Instagram e Telegram sono stati serrati, la libertà sessuale e quella religiosa, mentre i curdi, gli azeri, gli zoroastriani, i sunniti vengono perseguitati. Pane e libertà: qui molto più che nel 2009, quando le elezioni e lo scontro politico fornirono la miccia, le motivazioni e la diffusione geografica sono vaste. Un'altra differenza basilare è che a quel tempo Obama si rifiutò di parlare in sostegno dei moti popolari perché temeva di mettere a rischio il pessimo accordo sul nucleare che si preparava; adesso invece subito l'amministrazione Usa ha parlato.
Ma dov'è l'Europa, che si picca di essere la migliore custode delle libertà umane e civili? È tempo che cerchi di superare l'atteggiamento opportunista per cui resta attaccata all'accordo nucleare: non è più tempo di interessi e di puntiglioso antiamericanismo. Il broncio della Mogherini - quando Trump ha decertificato l'accordo - è fuori moda. Qui è in gioco la vita di milioni di persone e un nuovo, migliore equilibrio internazionale in cui la guerra sciita-sunnita cessi di spingere verso le sponde europee miriadi di persone in fuga dal nuovo oppressore. Il regime ha messo in giro un'ennesima teoria della cospirazione: Khamenei avrebbe sobillato la folla contro il «riformatore» Rouhani. Ma la verità è che conservatori e riformatori non esistono, anche se ci sono gruppi di interesse: per la gente, esiste una tirannia che spende i suoi soldi in guerre all'estero, finanziamenti di terroristi come gli hezbollah e Hamas, e in milizie che reprimono tutti.
Anni fa ho intervistato Reza Pahlavi, il figlio dello shah defunto, a Washington: mi colpì la sua fede che un popolo dal passato glorioso e complesso non sarebbe rimasto a lungo sotto il giogo integralista, che un giorno i rapporti con l'Occidente avrebbero aiutato le sue innate capacità a rifiorire. Adesso la folla vuole tornare a essere parte del mondo. E il mondo, dunque, si muova.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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