Gli italiani scendono in campo per la sicurezza

Se lo Stato resta a guardare, gli italiani, stanchi di sentirsi minacciati, si organizzano. Viaggio tra chi ha deciso di scendere in campo per garantire sicurezza a tutta la comunità

Gli italiani scendono in campo per la sicurezza

Se lo Stato resta a guardare, gli italiani, stanchi di sentirsi minacciati, si organizzano. La quotidianità, nel nostro Paese, è una palpitazione che lascia senza fiato. Nello stress imposto dalla velocità siderale dei nostri tempi, le grandi città della nostra terra generano un moto perpetuo di ansie; persino l’apparente pacatezza della periferia è nascosta da un velo denso di inquietudine.

Furti, rapine, scippi. Terrorismo. In Italia si registrano più di 7500 reati denunciati ogni giorno, secondo le statistiche provinciali e regionali sull’attività delittuosa nel 2015. In particolare sono 689 i furti al giorno, cioè 29 ogni ora: uno ogni due minuti, secondo i dati del Censis, come rivela l’indagine sulla sicurezza in Italia nel 2016 promossa da Verisure Italia. È inutile darla a bere e sarebbe ingiusto relegare i termini del discorso nella gattabuia del più aspro populismo: gli italiani non si sentono sicuri. 9 su 10 ritengono, infatti, che la sicurezza, nel nostro Paese, sia diminuita. Alla domanda “La sicurezza in Italia è diminuita?” hanno risposto in maniera affermativa, Sì per l’88,28%, 2,33 punti percentuali in più rispetto all’anno precedente (Verisure Italia).

La percezione della sicurezza si assottiglia proprio in un’epoca in cui la tutela giuridica in caso di difesa dalle aggressioni, soprattutto quelle che colpiscono più da vicino, le più intime, come quelle casalinghe, si discosta fortemente dal giusto equilibrio, capace di bilanciare garanzie legali per il cittadino e certezza della pena. Occorre forse ricordare il caso Ermes Mattielli o quello di Bruno Poeti, 62enne ex agente di polizia, condannato per tentato omicidio dopo aver sparato ad uno dei quattro malviventi rumeni che, nottetempo, si erano infiltrati nella sua abitazione, nella Maremma Toscana?

Per evitare assurdi casi di persecuzione giudiziaria, gli italiani giocano in anticipo, puntando alla prevenzione self-made. Così i cittadini scendono in campo, o sarebbe meglio dire per strada. Ronde, passeggiate, controllo del vicinato. Un’extrema ratio che sfugge persino dalle mani della strumentalizzazione politica.

Prossimità, cooperazione tra istituzione e gente comune, in una condizione di sussidiarietà insostituibile: “Le Forze dell’Ordine beneficeranno di questa attività. L’instaurazione di un dialogo continuo e sensibile con esse, unito alla sorveglianza della propria via non potranno che migliorare la qualità delle segnalazioni fatte dai cittadini”. Così i cittadini di Fossignano, frazione del Comune di Aprilia, al Sindaco. “Il senso di vicinanza, unito alla certezza che al suono di un allarme, a un’invocazione di aiuto o di fronte a qualunque altra situazione “anomala” ci sia un tempestivo intervento del vicinato, fa sì che ci si senta maggiormente protetti all’interno della propria abitazione e della propria area, rafforzando nel contempo i legami all’interno di una comunità diventata più unita e consapevole”. Fare quadrato, questo è il successo.

A Fossignano, i cittadini hanno scelto di aderire alla principale rete italiana di vigilanza del territorio, l’associazione “Controllo del vicinato”, che dal 2013 offre consulenza e supporto gratuito alle Amministrazioni Comunali, alle associazioni locali e a privati cittadini che intendono sviluppare nel proprio territorio programmi di sicurezza residenziale e organizzare gruppi di controllo del vicinato. Una rete composta da volontari che trae spunto direttamente dal Neighbourhood Watch, pratica nata negli Stati Uniti negli anni ‘60/’70 e giunta in Europa a partire dagli anni ’80.

Una concreta dimostrazione di maturità civica che sta contraddistinguendo, dal nord al sud, paesi e paesini, piccole e grandi località dello Stivale. Mobilitazione e attivazione da non scambiare frettolosamente per giustizia fai da te. “Cooperiamo con i carabinieri e con il sindaco. Ci organizziamo autonomamente per sorvegliare il territorio, in auto o a piedi. Lo facciamo volontariamente e di buon grado”. A Nepi, cittadina di circa 9000 abitanti in provincia di Viterbo, sono tanti i volontari che hanno scelto di dare una mano alla propria comunità. Così E.L., uno di loro, racconta al Giornale l’operato sul territorio. “Non ne possiamo più! Da un anno la nostra comunità è letteralmente bersagliata da furti. A tutte le ore del giorno e della notte, persino alle 16 come accaduto di recente, questi criminali entrano ed escono dalle nostre abitazioni, portando via tutto ciò che riescono ad arraffare. Siamo assolutamente a conoscenza di ciò che possiamo e non possiamo fare; nessuno di noi si permetterebbe di infrangere le regole imposte dalla legge”. WhatsApp li tiene connessi: “comunichiamo tramite WhatsApp in un gruppo a cui aderiscono volontariamente più di 200 persone. L’osservazione e il passaparola fanno il resto”.

Anche le istituzioni di rappresentanza corrono in soccorso dei cittadini che si organizzano pacificamente e ponderatamente in gruppi di contrasto ai furti. Ad Angri, in provincia di Salerno, la Confesercenti si mette in rete e scende a fianco dei cittadini residenti e di tutta la popolazione che “negli ultimi tempi sta subendo atti malavitosi legati a furti e rapine”. Grida di aiuto inascoltate che hanno addirittura costretto il presidente Aldo Severino a rivolgersi al programma di Maurizio Belpietro, Dalla vostra parte, in onda su Rete 4. Un sostegno diretto al comitato “Uniti per la salute”, strumento con cui la popolazione angriese, ormai esasperata, si è organizzata in ronde notturne.

Come ad Angri, così in Veneto. Come Confesercenti così Confcommercio che, per parola del suo presidente Massimo Zanon, intervistato da Daniela Boresi de Il Gazzettino, commenta il sistema di sorveglianza del territorio che, ormai da qualche tempo sta interessando il suo territorio: “Collaborazione ci deve essere, è doverosa, o abbiamo un poliziotto ad ogni angolo o si trova una sintesi per collaborare e questo sistema lo è”.

Il compito principale è quello di fungere da deterrente, evitando ogni facile esaltazione che produrrebbe solamente effetti nefasti e diametralmente opposti all’esaltazione del miglior senso civico. Segnalazioni in tempo reale di movimenti sospetti, di furti subiti, da mettere in condivisione.

La tecnologia corre in soccorso dei volontari civici per la sicurezza. E diventa social. Oltre ai gruppi WhatsApp, infatti, arriva la app: Siqra. Creata dal 29enne Ares Braghittoni al motto di “la sicurezza è social”, Siqra è un app gratuita che promette di essere “l'evoluzione tecnologica del vecchio "controllo del vicinato" tramite la segnalazione di furti, danneggiamenti, episodi di violenza – anche su animali -, da condividere con gli altri membri della community. La segnalazione sarà ricevuta tramite una notifica da tutti gli utenti e grazie al sistema di commenti, le informazioni verranno visualizzate da tutti, dando origine ad una rete mirata e localizzata in quella specifica zona.

Siqra sarà, a detta degli sviluppatori, “pacifica guerra alla criminalità” ad un patto: no agli abusi. Sul sito dell’app si legge: “No alla giustizia "fai da te", solo le Forze dell'ordine possono intervenire e devono sempre essere allertate per prime. Il nostro compito è quello di tenere gli occhi aperti e segnalare una potenziale minaccia o un episodio accaduto, commentare e condividere”

In un’Italia perennemente in crisi, umana ed economica, la battaglia per la garanzia della sicurezza quotidiana sta plasmando il senso civico degli italiani.

Una battaglia social-democratica, in tutti i sensi, capace di stringere e rafforzare una comunità, in un’epoca di individualismi ed egoismi sfrenati, di forte smarrimento, di assenza di contenuti e contenitori, vuota di figure e ricca di figuranti. Soprattutto quando si parla di tutela degli italiani.

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