La pensano allo stesso modo Adriano Sabbadin e Alberto Torregiani, accomunati dall'orrendo destino di aver perso il padre, ammazzato da Cesare Battisti: «Lui non sarà mai più estradato in Italia. Rimarrà libero perché gode di troppe protezioni e coperture». Due giorni fa Sabbadin ha stretto la mano del sindaco di San Paolo del Brasile, Joao Doria, in visita nel nostro Paese. Joao Doria è solidale col dolore di Adriano che a 17 anni, il 16 febbraio 1979, vide uccidere suo padre Lino nella macelleria di famiglia a Santa Maria di Sala (Venezia). Ieri il quotidiano Il Gazzettino ha dedicato all'incontro un ampio report, dando conto dell'intera vicenda Battisti: «L'estradizione deve essere concessa - ha detto Joao Doria a Sabbadin -. Battisti è un criminale con quattro condanne qui in Italia. Non posso tollerare che il Brasile mantenga un criminale». «Le parole del sindaco di San Paolo mi hanno toccato il cuore - spiega Sabbadin al Giornale, mostrandosi però scettico sul rientro di Battisti in Italia -. Da anni le nostra speranza sono deluse. Battisti ha dalla sua parte un apparato di potere politico, giudiziario e letterario che lo tutela e ciò spiega l'arroganza delle sue dichiarazioni. Quando era in Italia ce lo siamo fatti sfuggire e, come se non bastasse, politici e intellettuali nostrani hanno seguitato a sostenere la sua causa. Il vero ergastolo lo scontiamo invece noi parenti delle vittime che lui ha ammazzato. Mio padre era un lavoratore onesta, un uomo perbene, un padre esemplare e un marito fedele: fu ucciso davanti a me e mia madre, senza pietà. Del commando faceva parte anche Battisti. Quel giorno è stata spezzata anche la vita di un'intera famiglia». Una tragedia analoga al dramma della famiglia Torregiani che coinvolse anche Alberto, il figlio del gioielliere assassinato. Nel '79 anche lui rimase ferito in quell'assalto, ma dalla sua sedia a rotelle non ha mai smesso di combattere per avere giustizia: «Tutti i miei appelli sono caduti nel vuoto. Sono pessimista. I giudici brasiliani che ora dovrebbero decidere sono legati a filo doppio con l'ex presidente Lula, da sempre filo-Battisti». Un terrorista pluriassassino protetto dalla politica e dall' intellighentia di sinistra. La parabola giudiziaria e umana di Cesare Battisti coinvolge - con gradi di diversa responsabilità - tre Paesi: Italia, Francia e Brasile. Sul punto sono d'accordo i parenti di tutte le vittime assassinate tra il '78 e '79 dai Proletari armati per il comunismo (Pac): agguati sanguinari in cui Battisti ha sempre avuto un ruolo fondamentale. Il 6 giugno 1978 ammazza un maresciallo di Udine, Antonio Santoro; il 16 febbraio 1979 la «cellula» da lui coordinata uccide a Milano il gioielliere, Pierluigi Torregiani, e nello stesso giorno viene giustiziato anche Lino Sabbadin, colpevole di essersi opposto a una rapina»; infine il 19 aprile 1979 Battisti crivellò di colpi a Milano il poliziotto Andrea Campagna. Battisti fu arrestato e condannato all'ergastolo in via definitiva per tutti e quattro gli omicidi. La sua vicenda criminale sembrava doversi esaurire all'interno di una patria galera, ma nel 1981 evase dal carcere di Frosinone, trovando rifugio in Francia. Nel 2004 fu arrestato a Parigi. In giugno i giudici francesi gli concessero l'estradizione. Ma è solo l'ennesima farsa: Battisti infatti, da «uomo libero», era già volato in Brasile. Qui il terrorista-scrittore si ricicla come romanziere e politologo, coccolatissimo dai radical chic nostrani che per lui firmano appelli e petizioni. In Brasile Battisti viene riarrestato nel 2007. I giudici carioca autorizzano la riconsegna all'Italia.
Ma nel 2010 Lula gli concede l'asilo politico. Con l'attuale presidente brasiliano, Temer, le cose sembrano dover cambiare. Ma gli eventi degli ultimi giorni sono lì a dimostrare che si tratta solo dell'ennesimo -, squallido - teatrino.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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