Quello strano affare degli 007 dietro il software-spia "Exodus"

I servizi segreti esterni hanno speso 360mila euro per pagare la E-Surv e avere il software Exodus. Adesso la magistratura vuole vederci chiaro

Quello strano affare degli 007 dietro il software-spia "Exodus"

È finito nel mirino della procura di Napoli un contratto da 300mila euro stipulato dai nostri servizi segreti esterni con una società calabrese sviluppatrice di piattaforme informatiche.

Lo si è appreso da un articolo de Il Fatto Quotidiano, secondo cui per l’appunto la magistratura partenopea ha aperto un fascicolo dopo aver messo i sigilli alla E–Surv, una ditta con sede a Catanzaro che forniva ad alcune procure, tra cui quella del capoluogo calabrese, il software Exodus.

Si tratta di un meccanismo che, una volta “infettato” il dispositivo della persona che si vuole intercettare, può permettere di spiare un determinato indagato. L’indagine su E-Surv è nata in realtà da un altro caso, non inerente al contratto con i servizi segreti esterni. È emerso infatti il sospetto che Exodus possa essere stato utilizzato per spiare anche personaggi estranei ad inchieste giudiziarie, senza le relative autorizzazioni da parte delle autorità.

Ma, scavando tra le carte, è spuntato fuori un contratto da 300mila euro con l’Aise, l’Agenzia di Informazione e Sicurezza esterna. Anche la nostra intelligence voleva avvalersi della tecnologia della piattaforma Exodus.

Tuttavia questo non è stato possibile: il meccanismo, una volta in possesso dei nostri servizi, non ha mai funzionato. E così, un contratto oneroso e valevole 300.000 euro è andato in fumo, visto che Exodus non ha mai prodotto alcun risultato sperato.

Per questo il filone investigativo inerente l’accordo con l’Aise nei mesi scorsi è stato trasferito a Roma. Qui i magistrati capitolini vogliono vederci chiaro sia su questo esborso che, soprattutto, su un altro contratto stipulato sempre tra Aise ed E-Surv: questa volta l’onere a carico dei servizi è stato di 60.000 euro.

Come mai, è la domanda dei magistrati, si è proceduto a stringere un altro accordo nonostante già i servizi resi dall’azienda calabrese non si sono rivelati idonei?

Nei giorni scorsi, si legge su Il Fatto Quotidiano, gli investigatori hanno ricevuto da Luciano Carta, numero uno dell’Aise, una vasta documentazione con la quale si è data la versione dei servizi sulla vicenda. All’epoca della stipulazione del primo contratto, tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, Carta era il vice di Alberto Manenti. Stessa situazione anche per quanto riguarda il secondo contratto, stipulato invece nell’estate del 2017.

Carta ha riferito quindi situazioni riferite da terzi ed ha spiegato come per tutte le varie intercettazioni, vi erano i decreti autorizzativi dell' ex procuratore generale della Corte d' Appello di Roma. Dunque nessun uso illecito di Exodus, anche se, come poi già rimarcato in precedenza, il dispositivo non ha nemmeno funzionato e non è mai stato usato.

Ed allora, ed è questa domanda a costituire il cuore dell’inchiesta, come mai è stato stipulato un ulteriore contratto da 60.000 Euro con la stessa società calabrese? Dall’Aise hanno fatto sapere che quell’accordo era volto ad attuare una manutenzione del dispositivo, visto che non era funzionante.

Exodus non è mai stato utilizzato, ciò che sembra emergere è una spesa di complessivi 360.000 Euro che, in definitiva, non è servita a nulla. Ed è su questo dato di fatto che l’inchiesta andrà avanti nelle prossime settimane.

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