Qualcosa non torna nei conti. E la colpa sembra essere dell’algoritmo usato per i colori delle zone Covid. Come riportato da La Nazione, secondo Federico Fuga, ingegnere elettronico e coordinatore della commissione Ict dell'Ordine degli ingegneri della provincia di Verona, “l'algoritmo che definisce i colori delle regioni, e quindi le nostre libertà, è poco trasparente e fin troppo discrezionale”. Strano, non sarebbe quindi oggettivo il processo tanto incensato da Palazzo Chigi. Non ci sarebbe quindi da fidarsi.
Perché l'algoritmo non è chiaro
Come ha spiegato Fuga, “lo chiamano algoritmo per dargli un certo tono scientifico. Il decreto con cui si identificano i 21 indicatori (tra cui il famoso Rt o il numero di pazienti in rianimazione sui posti letto disponibili, ndr) è chiaro e funziona. Purtroppo non si capisce come avvenga l'integrazione con il livello di rischio, che viene definito attraverso una serie di domande a cui si risponde sì o no e che sono poco oggettive”. Nel senso che vi sono domande che possono essere diverse a seconda di chi dà la risposta. Come per esempio se la situazione sanitaria è sotto controllo o se il numero dei tamponi effettuato risulta essere adeguato. Poi“tutto viene integrato, ma nessuno sa come, dalla cabina di regia, che in qualche modo giustifica così la propria esistenza. Quando si prendono decisioni che vanno a limitare le libertà delle persone servirebbe più chiarezza e ci vorrebbero basi scientifiche molto forti”. E invece sembra che queste basi scientifiche non ci siano. E tanto meno la chiarezza
Le pressioni sulle scelte prese
Anche se non si può sapere quanto margine di discrezionalità vi sia nelle decisioni prese, una certa libertà di interpretazione c’è sicuramente. Lo si capisce anche dal fatto che per decidere il colore di una regione si continua a discutere per giorni e la decisione dovrebbe invece venire quasi automatica. E sul fatto se il risultato finale sia manipolabile o no, Fuga non pensa si possa stravolgere ma che si possa comunque decidere, in caso di situazioni al limite, se fare più o meno restrizioni, anche in base a pressioni politiche o economiche. Per esempio, a novembre la Lombardia era rossa e la Campania gialla.
Sarebbe ottima l’idea di pubblicare una classifica stilata su un indice, come sottolineato dall’ingegnere, come anche rendere noti tutti i dati in forma disaggregata. In favore della trasparenza e della chiarezza, per far accettare meglio alla popolazione le norme che devono seguire. “Durante la pandemia c'è stato un forte processo di digitalizzazione.
Le informazioni che arrivano dalle istituzioni dovrebbero adeguarsi, ma la nostra classe dirigente non avuto la prontezza o la sufficiente cultura digitale per capire il momento” ha quindi spiegato, aggiungendo che “non pubblicare i dati impedisce a commentatori, professionisti e istituti di ricerca di sfruttare delle risorse enormi per aumentare la consapevolezza della situazione”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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