Dalla Russia è arrivato in questi giorni un grido d'allarme riguardo a una delle più pericolose conseguenze del cambiamento climatico: la "diffusione della peste bubbonica". Un effetto della crisi ambientale sarà infatti proprio un'eccezionale propagazione nel mondo della malattia che, nel 14esimo secolo, arrivò a uccidere fino a 200 milioni di persone, pari al 60% della popolazione europea dell'epoca. L'infezione incriminata deriva da un batterio trasmesso dalle pulci dei roditori selvatici e può uccidere un adulto in meno di 24 ore se non trattata in tempo.
L'allarme sul legame tra cambiamento climatico e diffusione della peste è stato lanciato di recente da Anna Popova, a capo del Servizio federale per la Tutela dei Consumatori e il Benessere umano. La funzionaria, massima autorità sanitaria del Paese, ha infatti evidenziato che il ritorno della peste nel mondo è un "rischio dovuto al riscaldamento globale". La donna ha quindi denunciato: "Vediamo che i confini dei focolai di peste sono cambiati con il riscaldamento globale, il cambiamento climatico e altri effetti antropici sull'ambiente. Siamo consapevoli che i casi di peste nel mondo sono in aumento". La dirigente pubblica di Mosca ha quindi chiarito che il riscaldamento della Terra può favorire come non mai la propagazione dei contagi perché i climi caldi favoriscono il diffondersi del batterio Yersinia pestis, responsabile della malattia nell'uomo.
La Popova ha di conseguenza esortato i governi nazionali a intraprendere energiche misure di contenimento verso l'avanzata delle pulci che trasmettono il bacillo pestoso. Attualmente, le misure di prevenzione contro questa malattia sono diversi vaccini, la cui efficacia e utilità non sono state però ancora comprovate in maniera netta da studi scientifici attendibili a livello globale.
I casi di peste in aumento citati dall'alta funzionaria russa sono quelli accertati nei mesi scorsi, contemporaneamente ai casi di Covid, in Russia, Cina, Mongolia e Stati Uniti.
Nel primo Paese, in particolare, focolai della malattia in questione sono stati riscontrati di recente per la prima volta dopo 60 anni. Oltre che in quei tre Stati, casi di peste sono stati segnalati ad agosto dalle Nazioni Unite anche in territorio africano.
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