Un mazzo di fiori bianchi, un sorriso e un incontro. «Abbiamo rotto il ghiaccio» ha detto alla fine, contenta, Graziella Ghisalberti, una delle superstiti della strage di Gorla. Dopo 76 anni, il consolato americano ieri ha partecipato alla commemorazione con Anthony Deaton, console per la Stampa e la cultura. La prima volta che Graziella aveva parlato di Gorla con un americano era stato nel 2014. Durante la cerimonia le si era avvicinato un signore col cappellino da baseball. Era un professore statunitense che vive in Brianza. Le ripeteva: «Sorry, sorry». E lei chiedeva a suo figlio di tradurre: «Cusa la dì?». «Cosa ha detto?». Si chiamava Robert e da allora non era mai mancato. Ogni anno anche lui ha portato dei fiori a Graziella, e lei ogni anno gli ha chiesto di posarli ai piedi del monumento per i piccoli martiri di Gorla.
Era venuto spontaneamente per scusarsi a nome del suo popolo, per quella terribile mattinata del 20 ottobre 1944, quando il quartiere popolare della periferia est fu investito da una pioggia di bombe sganciate da una squadra di bombardieri partiti dalla Puglia per colpire gli stabilimenti industriali di San Giovanni. Alcuni problemi tecnici ed errori avevano compromesso gli obiettivi dell'attacco aereo alleato, ma il comandante decise di disfarsi comunque del carico di bombe. Non in mare, non in aperta campagna, ma lanciando 37 tonnellate di esplosivo sull'abitato di Milano, uccidendo 184 bambini, i loro insegnanti e alcuni genitori accorsi per portarli in salvo. Graziella aveva solo 7 anni e si è salvata per miracolo, o per un caso, da quell'inferno di fuoco e polvere.
Da allora sono passati tanti anni, e tanto dolore, acuito dalla rimozione collettiva della strage. Anni costellati di incomprensioni. Nel sito internet creato dai familiari si legge che un vecchio console avrebbe rifiutato un omaggio alle vittime. L'anno scorso - sollecitata dal sindaco - è arrivata una lettera dal consolato: esprimeva condoglianze per quella che definiva una «infausta e terribile tragedia», ribadendo l'impegno a collaborare con l'Italia nel «doveroso ricordo e nella lezione appresa dalle tragedie della guerra».
Il sindaco Beppe Sala si disse «felice» per una «lettera di cordoglio che - spiegò - non annulla anni di silenzi», ma è «un gesto significativo». Un «passo molto importante» lo definì anche Marzio Nava, vicepresidente del Municipio 2, instancabile artefice di iniziative per la memoria - «un «primo passo a cui devono seguire altre azioni concrete». E altre azioni sono arrivate. «La presenza da parte del consolato - ha detto ieri Nava - rappresenta uno straordinario passo in avanti di comprensione.
Il tutto va visto nell'ambito e nell'ottica di un tremendo conflitto bellico e il mazzo di fiori da parte del consolato americano è un simbolo di riconciliazione straordinariamente importante per la comunità di Gorla, che allevia le sofferenze patite, anche perché dal Dopoguerra gli Usa rappresentano il modello occidentale nel quale noi siamo saldamente collocati».
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