I migranti delusi: "Non venite in Europa, si vive da vagabondi"

Non solo la conferenza episcopale dell'Africa occidentale, anche un gruppo di migranti in un docufilm lanciano un appello ai propri connazionali: "Non prendete la via per l'Europa, il lavoro anche qui non è garantito"

I migranti delusi: "Non venite in Europa, si vive da vagabondi"

Invertire il passaparola per far invertire la rotta: sono tanti gli africani che, sia nei paesi di origine che all’estero, hanno iniziato un’opera di persuasione nei confronti dei propri connazionali.

In particolare, tra chi ha già fatto l’accidentato e spesso tragico percorso verso l’Europa o tra chi ne conosce tutti gli aspetti più macabri, sono in tanti a voler spiegare che intraprendere il viaggio verso il vecchio continente non è affatto conveniente.

“Creare le condizioni di vita necessarie per evitare che i giovani cerchino altrove quello che non hanno nel loro paese”, è quanto ad esempio è contenuto nell’incipit della dichiarazione di maggio della conferenza episcopale dell’Africa occidentale.

I vescovi di questa parte del continente nero, che hanno un peso molto importante nel contesto della Chiesa africana, hanno sottolineato l’importanza per i giovani dei paesi africani di credere nelle proprie terre, di rimanere nei propri territori per avere lì la ricchezza e le condizioni di vita che cercano.

Un appello quasi, quello dei vescovi africani, volto a dissuadere le giovani generazioni dall’intraprendere viaggi che, oltre a portare a mesi di sofferenze ed a rischi per la propria vita, contribuisce solo a far arricchire i criminali che organizzano le tratte di esseri umani.

Una dichiarazione che non ha lasciato indifferenti sia gli africani in patria che all’estero. In Italia, alcuni giovani integrati nella nostra società e nelle nostre comunità, sono diventati protagonisti di un docufilm in cui viene sottolineata la pericolosità di intraprendere il viaggio verso l’Europa.

Il regista Diego Scano, autore del film, ha infatti parlato dell’esperienza di 500 migranti che per mesi hanno vissuto nel centro di accoglienza di Bagnoli di Sopra, in provincia di Padova. Qui negli anni scorsi è stato avviato un progetto con fondi europei per portare ad una ver integrazione dei migranti: lezioni di italiano, corsi per diventare cuochi o per imparare altri mestieri, molti di loro hanno effettivamente poi trovato lavoro e vivono una vita dignitosa.

Ma nel docufilm sono anche i primi a raccontare le proprie odissee, i viaggi da incubo tra Sahara e Mediterraneo, il vagabondaggio in Italia, l’essere facile preda della mafia nigeriana o di altre organizzazioni criminali guidate da persone di origine africana.

“Attraversare prima il deserto e poi il mare su un barcone è il peggior rischio che si possa correre, perché l' Europa non è più la stessa di prima, non garantisce il lavoro”, ha spiegato uno dei migranti nel film.

Un modo per far arrivare un messaggio nel continente nero: guai a pensare che in Europa sia tutto più semplice, che qui le condizioni di vita possano essere migliori e che i viaggi dall’Africa siano privi di rischi per la propria incolumità.

Chi parla nel docufilm tutto sommato è riuscito ad avere una sistemazione, ma ha ancora negli occhi quanto visto durante le traversate, quanto subito dai trafficanti e, soprattutto, la sensazione che il gioco non possa valere la candela: troppi rischi per una vita dopo per anni si è costretti a vagabondare prima di avere una minima chance di sistemazione.

Ed è su questo che anche tante associazioni in Africa stanno puntando: spiegare agli africani che l’immigrazione illegale non conviene, che le vie indicate da chi promette una nuova vita conducono alla

morte o tra le mani di trafficanti senza scrupoli. Un modo dunque per invertire l’idea che molti giovani in Africa hanno dei viaggi della speranza, nella speranza di far invertire loro anche la rotta e salvarli dai pericoli.

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