Agli appassionati d’arte più attenti e ai veri collezionisti sarà sicuramente capitato di incrociare sul proprio cammino Finarte, la celebre casa d'asta milanese che nacque nel 1959 per volontà del banchiere meneghino Gian Marco Manusardi. Fondata con l'obiettivo di assistere collezionisti e operatori del settore nell'acquisto e nella vendita di opere d'arte, è diventata nel tempo un vero punto di riferimento e dalla sua storica sede in via Broletto, nel capoluogo lombardo, Finarte, da subito, ha individuato quale fosse la sua aspirazione: focalizzarsi sulle aste specialistiche. Dall'arte antica a quella contemporanea, dagli argenti ai gioielli, dal settore automobilistico fino alla numismatica, alle porcellane e a tutti gli ambiti del collezionismo, internazionalizzando il proprio mercato.
In pochi anni, la casa d'asta milanese cresce e diventata leader nel dipartimento del mercato dell'arte in Italia, aumentando la quantità delle proprie aste. L'11 marzo 1997, l’asta numero mille fissa uno dei suoi traguardi più importanti. Poi arriva il web e l'idea di un sito internet dove inserire i propri cataloghi: dal 2000, infatti, Finart inizia l'attività di vendita online in tutti i settori del collezionismo. E, probabilmente, anche grazie all'esperienza acquisita in 20 anni di presenza sul web, l'impatto dell'epidemia, causata dal nuovo coronavirus, non ha fermato né travolto il lavoro di Finarte. Che proprio su internet ha saputo trasferire parte del suo mondo, portando lì le proprie aste.
Il 17 marzo 2020, in piena chiusura imposta dal lockdown, Finarte ha proposto infatti un'asta fotografica online, che ha avuto ottimi risultati. E il 27 aprile 2020, ha voluto replicare con l’asta di Grafica internazionale e Multipli d'autore, con oltre l'83% di aggiudicato per lotti e il 35% per il valore, per un totale di 159.206,96 euro. Quest'ultima asta, la prima organizzata totalmente da remoto vista la pandemia, ha presentato un catalogo di alto livello. Perché se il Covid-19 ha cambiato le abitudini di tutti, la nuova modalità è però riuscita a mantenere quel senso di "rito" e di eccitazione tipici di questo appuntamento. Ne è convinto l'ingegner Rosario Bifulco, presidente di Finarte, grande conoscitore d'arte e lui stesso collezionista, che nella sua carriera ha occupato posizioni determinanti in molte realtà industriali italiane, come Mittel, Lottomatica, Gruppo Fiat e DeA Capital. Appassionato e attento osservatore del mercato, viste le posizioni ricoperte nella sua carriera, Bifulco al Giornale.it ha spiegato come la celebre casa d'asta sia riuscita a non farsi fermare dal Covid-19.
Ingegner Bifulco, che cosa ha comportato l’arrivo del nuovo coronavirus al mondo delle aste?
Con il lockdown abbiamo dovuto chiudere le sedi per cui non si sono più potuti visionare i lotti e non è stata più possibile la partecipazione fisica del pubblico: a questo punto le case d'asta si sono rivolte all'online. Alcune case d'aste sono state peró piú pronte di altre.
Finarte come ha reagito?
Bene, siamo stati i più veloci. Avevamo un'asta di fotografie pronta e subito abbiamo virato per un'asta senza pubblico ma con battitore e con la partecipazione telefonica, che io chiamo da remoto. Il risultato è stato un successo.
In un momento storico come questo, pieno di incertezze, l'arte e il collezionismo sono da considerare beni rifugio?
In generale noi, come casa d'arte, trattiamo anche dei beni rifugio veri e propri, come i gioielli e sappiamo che l'oro, in momenti come questo, si rivaluta.
E l'arte è percepita come delle poche forme sicure di investimento, secondo lei?
Credo che con il coronavirus le quotazioni andranno un po' giù e quindi penso che ci sarà la possibilità di acquistare delle opere a dei prezzi più accessibili e più ragionevoli rispetto a qualche tempo fa. E in questo senso può essere un buon investimento.
Quindi lei conferma che comprare un oggetto all'asta, adesso, rappresenti comunque ancora una sorta di rito?
Credo di sì, lo è ancora e, infatti, quando noi abbiamo optato per l'asta da remoto abbiamo voluto ribadire il ruolo centrale del battitore e l'adrenalina legata a questo appuntamento. I fatti ci hanno dato ragione.
In che senso?
Noi, già a dicembre scorso, avevamo già provato questa modalità da remoto. Quindi, quando c’è stato il lockdown abbiamo subito pensato a quella stessa tipologia. Poi, il fatto che ci sia anche la partecipazione telefonica fa molto. Io, per esempio, sono un collezionista e compro molto al telefono e a me il telefono dà la stessa adrenalina e lo stesso senso di ritualità del modo tradizionale.
E allora qual è la differenza?
L'aspetto che sicuramente cambia riguarda il compratore un po' più tradizionale e i lotti un po' più importanti. C'è chi desidera vedere il lotto, l'opera dal vivo che, soprattutto quando è di un certo tipo, è necessario studiare attentamente di persona. Questo manca da remoto ed è per questo che noi riteniamo che le aste di questo genere possano funzionare fino a un certo tipo di valore, perché altrimenti, poi, iniziano ad aumentare i rischi.
Però le vostre aste virtuali hanno riscosso molto successo. Pensa che questo appuntamento online possa diventare un'abitudine in futuro?
Sì, credo che continueremo a farle, anche se, come le dicevo prima bisogna selezionare il tipo d'asta. La fotografia, per esempio, si presta molto, perché è già di per sé un oggetto virtuale, quindi vederla dal vivo o vederla sullo schermo cambia poco. In questo caso la visione del lotto, soprattutto poi se si è fatto un buon condition report, non impatta molto..In ogni caso, comunque, noi investiremo sempre di più sull'online (integrato al tradizionale) e sulle piattaforme.
L'arte e il collezionismo conservano ancora un ruolo determinante nei patrimoni delle famiglie, secondo lei?
Per patrimoni importanti, parliamo del 5-10% del totale direi.
Ingegnere, quali categorie di beni collezionabili hanno avuto maggiore attenzione in questo periodo di chiusura?
Io parlerei piuttosto di cosa hanno fatto passare le case d'asta in questo momento, cioè opere e lotti di valore medio. Nessuno ha tentato aste più importanti.
Come mai?
Premesso che la raccolta è un po' bloccata, perché fino a oggi è stato complicato avere dei rapporti con il cliente, il pezzo di valore più alto richiede maggiore attenzione da parte del compratore. Su questa base noi abbiamo immaginato quali sarebbero state le aste da non fare.
Può fare un esempio?
In Finarte abbiamo un dipartimento di automobile molto importante e non abbiamo mai pensato si potesse fare un’asta online per l'auto, perché esiste tutto un rito, sia in fase d'asta che post-asta, che prevede che il collezionista veda la macchina, la provi, ne verifichi la meccanica e un'eventuale ristrutturazione. Questo tipo di lavoro, ovviamente, non può avvenire in virtuale.
E in questa seconda fase, quali saranno i più richiesti in questa seconda fase?
In Finarte avremo un'asta sui gioielli, che speriamo di fare in maniera più tradizionale, se non ci saranno altre chiusure. Ecco, gioielli e oro pensiamo possano essere un settore di successo di questi tempi.
Ritiene che la diffusione del Covid-19, un po' come accadde con conflitti e pestilenze, possa rappresentare un punto di svolta nella storia dell'arte?
Stanno succedendo una serie di cose, che sicuramente rimarranno. In questi tre mesi, per esempio, c'è stata un'importante accelerazione digitale, che ha coinvolto tutti noi. È accaduto anche nel mondo dell'arte: di fronte a un primo momento di sconcerto, non soltanto le case d'asta ma anche le gallerie e le fiere hanno digitalizzato l'offerta. Certo, manca ovviamente il contatto umano, l'ambiente e l'apprezzamento dal vivo delle opere, tutti elementi impagabili, ma io ad esempio che sono un collezionista di arte contemporanea africana, nei giorni scorsi, mi sono gustato tutta la fiera newyorkese del settore on line: ho visto le opere, conosco i prezzi e posso dirle che, in realtà, a volte questa modalità è migliore perché ti permette di fare un'analisi più completa. Quindi con i mezzi che si sono sviluppati ora, il mondo dell'arte è sicuramente fruibile dal punto di vista commerciale.
In questo periodo si è parlato spesso della differenza tra beni di prima necessità e di quelli "secondari". L'arte è, secondo lei, un bene primario?
Guardi per un collezionista, l'arte è un bene primario. Io lavoro tanto, ho tanti impegni e problemi in questo momento ,ma l'arte rappresenta per me un momento di pace. Trovandosi a contatto con oggetti che piacciono, le sensazioni che ti arrivano sono positive. L'arte aiuta a rilassarsi ,a rivivere il rapporto con il bello, che è impagabile. Quindi sì non è il food, però è food per l'anima.
A questo proposito: il direttore della pinacoteca di Brera, James Bradburne, intervistato da noi all’inizio dell'epidemia, disse che le persone vanno al museo quando hanno bisogno di ispirazione, ma anche di consolazione e conforto. Possedere un oggetto di valore, un'opera d'arte, un buon vino, un antico gioiello o una bella fotografia possono alleviare il peso del momento che stiamo vivendo?
Sì assolutamente. Ma le dirò: anche non possederlo, anche soltanto ammirarlo, vederlo, studiarlo, quello è sufficiente per essere alleviati o per allontanarsi un po' dalla fatica del momento che stiamo vivendo.
Ingegner Bifulco, lei è un appassionato e un collezionista. Che cosa acquisterebbe, oggi all'asta se fosse un compratore?
Dipende: io raccomando sempre di seguire soprattutto la pancia e il cuore, cioè ciò che piace. Poi sì,ci sono anche i trend: per esempio, nell'ultima decade, c'è stato il recupero delle donne artiste, le quali hanno ricoperto un ruolo più importante. Poi c’è stato anche il recupero di molte minoranze negli Stati Uniti, dove i musei hanno deciso di ribilanciare la presenza da questo punto di vista.
Quali saranno, secondo lei, gli scenari dell'arte dopo questo lockdown?
La fine del lockdown sará accompagnata da tutta una serie di regole per cui cui viaggi e fiere saranno penalizzate:credo quindi che al di là della perdita di fatturato di due o tre mesi, i risultati saranno penalizzati anche oltre. Naturalmente dipende dalle azioni fatte, ma fondamentalmente credo che tutti proietteranno una perdita di fatturato che sarà intorno al 50%, dalle stime mediamente date.
E nel 2021 cosa potrebbe accadere?
Dipende: se ci sarà ancora, quest’inverno, una coda del Covid-19, anche un pezzo del prossimo anno sarà penalizzato, magari con 10-20% in meno. Naturalmente tutto questo può peggiorare se ci saranno altri lockdown o migliorare se, invece, andrà tutto liscio e ci sarà un’accelerata dell’apertura.
Se infatti riuscissimo a proseguire su un percorso senza ulteriori chiusure, potrebbe esserci anche un effetto di rimbalzo psicologico, anche perché la gente vuole ritornare alla vita normale, con un entusiasmo ritrovato.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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