La Chiesa "tradizionalista" vive un ulteriore spartiacque. Otto anni di finissime e strutturate critiche dottrinali mosse nei confronti del Papa per poi scendere al livello del complottismo no vax. E se c'è un autogol che rischia di compromettere la credibilità dei cattolici più oltranzisti è quello delle posizioni sulla pandemia da Covid-19.
Un atteggiamento di cui abbiamo già parlato e che può inficiare sull'attendibilità culturale di un intero "fronte", oltre che rendere impari la partita per l'avvenire del cattolicesimo.
Certo, non sarebbe affatto corretto generalizzare. È tuttavia difficile non notare come i fautori dei dubbi sulla vaccinazione e sulle altre misure di contrasto alla diffusione del coronavirus siano, per quel che riguarda l'emisfero cattolico, più o meno gli stessi ecclesiastici che hanno criticato le Sacre stanze da quando Jorge Mario Bergoglio è sul soglio di Pietro. Si va da monsignor Carlo Maria Viganò, che è lo stesso ex nunzio apostolico del memorandum tramite cui sono persino state suggerite le dimissioni del pontefice (un documento smentito di netto dalla Santa Sede con argomentazioni inattaccabili), al cardinale americano Raymond Leo Burke, uno dei firmatari dei dubia sull'esortazione apostolica Amoris Laetitia e che si è sempre distinto per la sua intransigenza a livello dottrinale. Personaggi certamente molto diversi, ma accomunati dal non essere "guardiani della rivoluzione" ideata da Papa Francesco.
Non è un mistero che le argomentazioni di Burke, Viganò e altri, almeno prima dell'avvento della pandemia, abbiano fatto breccia in una parte della cosiddetta "base cattolica". Ma è altrettanto indubbio che, con le posizioni assunte su vaccino et similia, i tradizionalisti stiano rischiando una complessiva crisi, nella Chiesa e fuori, investendo soprattutto l'attendibilità delle posizioni dei consacrati conservatori. La fase odierna è uno spartiacque: vale per la politica come per il Vaticano. E propendere per teorie anti-scientifiche e complottiste, soprattutto alla luce della provata efficacia dei vaccini anti-Covid19, comporta delle conseguenze.
L'emergenza sanitaria, prima o poi, terminerà. Tra le cose che resteranno invariate, invece, c'è di sicuro il dibattito sul futuro della Chiesa cattolica. Con i progressisti e le loro velleità da Ecclesia adattata al mondo e i conservatori con il loro "buen retiro" nella fedeltà assoluta alla dottrina e al Catechismo. E quando il mondo metterà il naso fuori dalla pandemia in maniera definitiva, esisteranno sconfitti e vincitori: perché nella storia succede sempre.
Dal momento che vi sono già elementi per poter definire "vincitori" coloro che, in nome della scienza e della solidarietà collettiva, hanno scelto la strada del vaccino, viene naturale chiedersi che tipo di peso politico avranno quelli che hanno propagandato l'anti-vaccinismo. Con ogni probabilità, la voce degli sconfitti risulterà affievolita se non direttamente etichettata come macchiettistica. Cosa che in parte già è per quel che riguarda il fronte no vax, cattolico o meno che sia.
I cattolici conservatori, che di per sé costituivano una minoranza salda nelle logiche di potere della Chiesa, potrebbero perdere ulteriore (e forse definitivo) terreno in favore di chi si è invece immediatamente schierato per la sconfitta della pandemia con le armi che la scienza ha messo a disposizione. Una fase delicata, dunque. Se non altro perché addebitare a qualcosa che Dio non è le sorti dell'umanità rappresenta un passaggio complesso per chi crede. I vaccini non sono stati inventati l'altroieri, e risulta sempre più faticoso far comprendere il perché di certe teorie tra complottismo e dietrologia.
Per chi da conservatore, invece, vorrà consolarsi sulla strada della
non avversione alla scienza, resta la via del papa emerito Joseph Ratzinger, che è regolarmente vaccinato e che mai - ci sentiamo di dire - avrebbe assecondato l'esplosione delle istanze no vax in Vaticano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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