Una storia drammatica quella di una ragazzina cingalese di Lecce, costretta a vivere secondo gli usi e costumi di una famiglia autoritaria che non sentiva come propri.
Il padre l’aveva promessa in sposa ad un giovane dello Sri Lanka quando lei aveva solo 10 anni ed ogni giorno, per la ragazza, rappresentava un costante passo in avanti verso la prigionia. Il culmine è stato raggiunto la scorsa primavera, quando il padre-padrone, accorgendosi che la figlia ormai prossima ai 14 anni trascorreva troppo tempo ad inviare messaggi dallo smartphone, aveva cominciato a temere che questa potesse avere già una relazione. Preoccupato che la figlia fosse stata plagiata dagli usi del nostro paese e che l’ambizioso matrimonio potesse saltare, l’uomo aveva immediatamente sequestrato il telefonino nella speranza che la ragazzina rientrasse nei cosidetti ranghi. Non solo questo non era accaduto, ma la sofferenza della giovane era arrivata ad un punto tale da portarla a compiere atti autolesionistici, come per esempio tagliarsi i polsi.
Inizialmente tutto era stato fatto passare come un gesto di ribellione adolescenziale, ma poi la ragazza si era confidata con un’insegnante, raccontando la vera origine del suo dramma.
Lo scorso aprile, il tribunale dei minorenni decise di allontanare la giovane dalla propria famiglia, affidandola alle cure di una comunità. Neppure in questo modo i gentori capirono di doversi fare da parte, anzi. Il 13 agosto scorso, secondo il loro costume, avevano organizzato per lei la “festa del menarca”, una celebrazione che sancisce il passaggio dalla fanciullezza all’età fertile. Anche allora il tribunale si era visto costretto ad intervenire, vietando la partecipazione della 14enne alla cerimonia.
Decisa a dar battaglia, la famiglia cingalese si era quindi rivolta alla propria ambasciata perché intervenisse in merito alla vicenda. Il piano si basava sull’appellarsi alla Convenzione di New York dei diritti del Fanciullo, che obbliga gli stati aderenti a rispettare usi e costumi della terra natia del minorenne. Persino in quell’occasione i familiari non erano stati ascoltati, dal momento che la convenzione tutela la libertà del minore, che è libero di scegliersi una propria identità, indipendentemente dalla cultura dei genitori. La 14enne, su questo aspetto, era stata molto chiara.
Ad oggi la battaglia legale sembra ben lungi dall’essere conclusa.
È di stamani la notizia che la Procura di Lecce ha chiesto al Gip di procedere con l’incidente probatorio, durante il quale la testimonianza dell’adolescente sarà messa nero su bianco. La stessa Procura ha iscritto il padre-padrone nel registro degli indagati con l’accusa di maltrattamenti in famiglia.
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