La leucemia linfatica cronica ha nuove cure

Un eccesso di globuli bianchi, i linfociti, che circolano nel sangue e tendono ad accumularsi nei linfonodi, nella milza, nel midollo osseo. Si caratterizza in questo modo, la leucemia linfatica cronica (LLC). La forma leucemica più comune, nel mondo occidentale: rappresenta il 25-30 per cento di tutte le leucemie e colpisce soprattutto dopo i 65-70 anni (circa 2.800 i nuovi casi ogni anno registrati in Italia). É una patologia che si sviluppa lentamente, le persone che ne sono colpite possono vivere per molti anni, senza alcun sintomo o terapia, posticipando, il più delle volte, l'inizio del trattamento in età molto avanzata, quando l'organismo è meno tollerante alle cure oncologiche. In questa direzione si aprono oggi, nuove prospettive terapeutiche, che permettono una miglior gestione di questi pazienti. «Ricevere una diagnosi di leucemia linfatica cronica, non deve spaventare», spiega Stefano Molica, direttore del dipartimento onco-ematologico, Azienda Ospedaliera Pugliese-Ciacco, Catanzaro. «Il 60-70 per cento dei pazienti al momento della diagnosi, non ha segni di attività di malattia e richiede solo un'osservazione clinica, ovvero un approccio di vigile attesa. Questi pazienti devono essere seguiti regolarmente da un ematologo presso un centro specialistico, con periodici esami emocromocitometrici e visita clinica. Poi in caso di malattia attiva, oggi possiamo disporre di un armamentario terapeutico assolutamente ampio. E anche in quel sottogruppo di pazienti anziani, quelli che una volta non si potevano trattare, perché avevano altre patologie associate, adesso i nuovi farmaci che abbiamo a diposizione, consentono una terapia adeguata, con una tossicità tutto sommato accettabile». Novità promettenti arrivano dall'impiego di un chemioterapico recentemente riscoperto e introdotto nella pratica clinica, bendamustina. Una molecola che unisce le caratteristiche degli alchilanti e degli analoghi purinici.

In particolare, il farmaco, se associato ad un anticorpo monoclonale anti-CD20, è in grado di produrre elevati tassi di risposta, con limitata tossicità. É stato presentatoin occasione del congresso dell'American Society of Hematology (Ash), svoltosi a San Francisco (Usa).

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