Sono passati quasi 50 anni da quando il corpo di Simonetta Ferrero venne trovato in un bagno dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, massacrato da decine di coltellate. Dopo diversi sospettati e oltre 300 interrogatori effettuati nel giro di due settimane, le indagini arrivarono a un punto morto e ancora oggi il delitto è rimasto senza un colpevole. Ma ora una nuova ipotesi potrebbe portare a una svolta: un serial killer potrebbe aver assassinato, nella zona di Milano, almeno 7 donne. È quanto sostiene il criminologo di Varese Franco Posa, che ha ipotizzato un collegamento tra diversi omicidi commessi tra il 1960 e il 1975. Prima di lui ad accendere un faro su queste vicende era stata la penna di Fabrizio Carcano, che nel libro Il Mostro di Milano aveva connesso tra loro 11 delitti avvenuti nel capoluogo lombardo negli anni Settanta.
Il delitto della Cattolica
Il più celebre tra gli omicidi degli anni '60 e '70 è quello di Simonetta Ferrero. Sabato 24 luglio 1971, la 25enne uscì dalla sua casa in via Osoppo verso le 10 del mattino, per sbrigare alcune commissioni prima della partenza prevista la sera stessa per le vacanze in Corsica con la famiglia. Il suo rientro era previsto per l'ora di pranzo, ma Simonetta scomparve nel nulla. Ci vollero due giorni prima che il suo corpo fosse ritrovato in uno dei bagni dell'Università Cattolica di Milano, dove Simonetta si era laureata due anni prima.
Intorno alle 9 di lunedì 26 agosto il seminarista Mario Toso, 23 anni, essendosi accorto del continuo scorrere dell'acqua dei lavandini, entrò in uno dei bagni femminili dell'Università, per chiudere il rubinetto, e si trovò di fronte il corpo martoriato della 25enne. Gli inquirenti esclusero subito il movente dell'aggressione a scopo di rapina, dato che nella borsetta della Ferrero vennero trovati alcuni contanti e nessuno dei gioielli che indossava le fu sottratto. L'omicidio, si ipotizzò, poteva essere legato a qualche mancata assunzione alla Montedison, dove Simonetta lavorava alla direzione del personale, ma la pista venne poi scartata. Il 28 luglio l'autopsia confermò che non vi era stata violenza sessuale.
A partire dal primo agosto le indagini passarono nelle mani del commissario Antonino Orlando, che decise di raccontare gli sviluppi in prima persona su un diario raccolto da Enzo Magri e pubblicato sull'Europeo. A distanza di una settimana dal ritrovamento del corpo erano solamente tre i punti fermi. Il primo è che "Simonetta Ferrero, 25 anni, laureata in Scienze politiche e funzionaria della Montedison, è stata trovata uccisa con 42 coltellate, lunedì 26 luglio, in una toilette dell'Università Cattolica". Il secondo elemento certo è che "a scoprire la Ferrero, la cui morte è stata fatta risalire a due giorni prima, tra le 11 e mezzogiorno di sabato 24 luglio, è stato un giovane seminarista, Mario Toso, 23 anni, che, dopo avere avvertito uno dei custodi dell'università, se ne è tornato nell'istituto salesiano di Mirabella Monferrato dove studia". Infine, stando alle testimonianze e dopo aver ricostruito il via vai della Cattolica nel giorno di sabato 24 luglio, il commissario sa che in Università "c'erano una cinquantina di persone, compreso il Toso, sei operai, quattro dei quali lavoravano con un martello pneumatico a venticinque metri di istanza, in linea d'aria, dal posto del delitto e i due custodi dell'Università".
Inizialmente, stando al diario del commissario Orlando, i dubbi degli inquirenti si diressero verso il seminarista che aveva trovato il corpo di Simonetta. Perché un seminarista avrebbe dovuto entrare nel bagno delle ragazze? Bastava lo scroscio dell'acqua per fargli aprire la porta, senza remore? Probabile, dato che Mario Toso era anche il precettore di un istituto salesiano: "Questa sua funzione - spiega Orlando - ne ha fatto un maniaco dell'ordine. Se passando per un corridoio vede una lampada accesa la spegne, se c'è una sedia fuori posto la sistema d'istinto, se c'è un rubinetto aperto lo sente a distanza e non resiste alla necessità di andarlo a chiudere. Il disordine, insomma, fa scattare nella sua mente centinaia di campanelli che si spengono quando i suoi occhi riposano nell'ordine assoluto".
Il commissario Orlando e il maresciallo Nino Giannattasio, anche lui impegnato sul caso, cercarono di capire il motivo che aveva spinto la ragazza a entrare nell'ateneo. In un primo momento, si pensò che Ferrero avesse dovuto ritirare o consegnare degli appunti da un'amica, ipotesi poi smentita. Un'altra possibilità era che Simonetta cercasse un bagno. Ma anche in questo caso qualcosa non torna: perché recarsi nel servizio più scomodo rispetto all'ingresso di Largo Gemelli? Domande che non ottennero mai una risposta precisa. Il 15 agosto, dopo oltre 300 interrogatori, Orlando scrive: "Siamo al punto di prima. Ormai so per certo che dagli interrogatori non verrà nulla di buono".
Nel 1994 poi una lettera anonima fece pensare a una possibile svolta verso la risoluzione del caso. Una donna sosteneva che una sua amica fosse stata molestata da un religioso della Cattolica. Le indagini portarono gli inquirenti a seguire anche la pista del maniaco sessuale, ma alla fine anche questa si rivelò senza via d'uscita. Così, a distanza di quasi 50 anni, il delitto di Simonetta Ferrero rimane un caso irrisolto.
Le altre vittime
Simonetta non fu l'unica donna a morire sotto i colpi di un coltello. In quegli stessi anni infatti ci furono altri assassinii, tutti di donne, tutte uccise con un'arma bianca. "Io ne ho contate 11 negli anni Settanta - ha spiegato Fabrizio Carcano al Giornale.it - Tre donne dalla vita ordinaria e otto prostitute. Sapevo che prima c'erano stati altri casi, ma non li ho inseriti nel libro per esigenze narrative". Anche il criminologo Franco Posa ha preso in considerazione altri omicidi, oltre a quello della Ferrero: per il momento sono sette.
Quello che potrebbe essere il primo delitto di una lunga scia di sangue risalirebbe al 1963: Olimpia Drusi, 44 anni, madre di un figlio, venne pugnalata mentre si trovava a bordo della sua auto nel quartiere Greco di Milano. Anche in questo caso non si trattò di una rapina, dato che nella borsetta aveva ancora i soldi. A un simile destino andarono incontro anche Elisa Casarotto, 29enne uccisa con diverse coltellate nel 1964, in un bosco di Lacchiarella, alla periferia di Milano, e Tiziana Moscadelli, 20 anni, ammazzata con un coltello e un cacciavite nel 1976 in via Tertulliano.
Il 16 febbraio del 1970 un'altra donna venne trovata morta, uccisa con un'arma da taglio. Questa volta non si trattava di una prostituta. Adele Margherita Dossena, 55 anni, gestiva una pensione vicino alla Stazione Centrale di Milano. La donna era madre di due figlie: Ermide, che avrebbe aperto un negozio di parrucchiera, e Maria, che divenne la famosa attrice della commedia all’italiana Agostina Belli, che per scoprire la verità su sua madre ingaggiò anche un detective privato.
Quando tolsero i sigilli all'appartamento Maria e il padre video la scena del delitto: "Abbiamo trovato tutto come lo avevano lasciato - aveva riferito la donna al Giornale.it -C'era ancora il suo sangue rappreso sul pavimento. E la cosa brutta, e lo dico per la prima volta, è che sul tavolo in cucina c'erano ancora due bicchieri, un cofanetto di caramelle Sperlari e una bottiglia di liquore. E nessuna di queste cose aveva sopra la polverina per le impronte digitali". L'ipotesi della figlia della vittima è che la madre conoscesse il suo assassino. Ma anche questo caso si concluse senza un colpevole.
La successiva vittima del presunto serial killer potrebbe essere stata Salvina Rota, commessa in un supermercato, che venne seviziata con una lima e poi strangolata nella sua casa in via Tonale, il 16 giugno 1971. Si pensò a un assassino legato a un'amica con cui la vittima aveva condiviso l'amante, un ferroviere. Ma anche in questo caso le indagini si conclusero con un nulla di fatto.
L'ultimo caso che potrebbe essere attribuito al mostro di Milano è quello di Valentina Masneri, stilista 25enne, sposata e senza figli. La donna venne uccisa da una serie di coltellate inferte alle spalle, nella sua abitazione di via Settala: era il 18 marzo del 1975. Da quel momento, i delitti si fermarono. "Fino a Lidia Macchi", la 21enne uccisa a coltellate e ritrovata in un bosco vicino all'ospedale di Cittiglio (Varese) che, secondo Fabrizio Carcano, potrebbe essere legata ai delitti degli anni Settanta. "In ogni caso - spiega lo scrittore - nel '75 i delitti si interrompono. L'impressione è che di colpo l'assassino sia sparito".
Una sola mano per diversi omicidi?
Vari delitti, tutti commessi con un'arma da taglio, a Milano, in un periodo di tempo compreso tra il 1963 e il 1976. E la mano che accomuna tutte queste morti potrebbe essere la stessa. È questa l'ipotesi del dottor Franco Posa, criminologo di Varese, che al Giornale.it ha spiegato i passi della sua indagine: "L'ipotesi è partita dal caso della Cattolica, di Simonetta Ferrero - racconta - poi io e i miei collaboratori abbiamo cercato quali altri casi con arma bianca fossero stati documentati più o meno in quegli anni". È così che Posa ha scoperto dettagli simili in altri omicidi commessi nello stesso periodo del delitto della Cattolica e nella stessa zona: in questo modo, "siamo risaliti a più o meno 7 delitti". Per il momento, ad accomunare questi omicidi ci sono "l'arma bianca e la geolocalizzazione di un'area geografica molto ben limitata, mentre per il resto ci stiamo lavorando". I 7 delitti, però, sono simili anche nel genere delle vittime prese di mira: tutte donne, di età compresa tra i 20 e i 50 anni circa.
Secondo Fabrizio Carcano gli omicidi sarebbero stati 11, con in più un altro elemento in comune, cioè il numero di coltellate sferrate contro le vittime: "Sempre una trentina, a volte anche di più, solitamente inferte nella zona addominale e toracica". Inoltre, "c'erano sempre collegamenti con la ferrovia, sia con la Stazione Centrale che con la Stazione Cadorna e anche l'affittacamere ospitava spesso ferrovieri e postali". Infine una terza caratteristica che accomuna questi delitti è la "presenza di elementi di istituti religiosi".
Che dietro alle morti di queste donne ci fosse un unico autore in realtà era stata anche una delle ipotesi del tempo, ma non venne approfondita: "Credo sia stata considerata in modo superficiale e poi tralasciata", spiega il criminologo Posa, che aggiunge come "l'idea della possibile presenza di un solo criminale autore almeno di alcuni dei delitti nasce da un'attenta osservazione preliminare eseguita dal nostro gruppo di lavoro". Per arrivare all'ipotesi di un unico assassino per 7 vittime, il team del criminologo ha usato diversi software molto avanzati di geo-localizzazione: "Ci hanno permesso di delimitare un'area abbastanza limitata. È possibile che chi ha commesso almeno parte di questi omicidi sia stato residente o frequentante abituale dell'area geografica che abbiamo evidenziato". Si tratta di un triangolo compreso tra il Castello Sforzesco, la Stazione Centrale e via Pace.
Dietro la morte di Simonetta Ferrero potrebbe quindi nascondersi il mostro di Milano, che prima di lei avrebbe ucciso altre donne, utilizzando la stessa arma.
Ma per confermare l'ipotesi avanzata da Posa servirà tempo: "Adesso stiamo applicando dei sistemi innovativi di autopsia psicologica su persone che ancora ci possono dare notizie in modo verbale e diretto e stiamo iniziando a valutare le immagini fotografiche ad altissima definizione per ricostruire eventuali impronte dell'arma". Solo in seguito potranno emergere "elementi per suggerire la riapertura dei casi", rimasti irrisolti fino a oggi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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