Luxuria: "Ecco perché ho previsto che Mateen fosse gay"

Luxuria: “Picchiava le donne con cui stava, segno chiarissimo che rifiutava il modello di vita di un eterosessuale. E poi il suo profilo facebook..."

Luxuria: "Ecco perché ho previsto che Mateen fosse gay"

“Lo ammetto, è stata una fuga in avanti la mia. Ma certe foto, certi suoi sguardi, mi hanno dato l’idea di un gay represso”. Vladimir Luxuria, attivista di primo piano dei diritti Lgbt, ci ha preso. Lo aveva detto subito, tirandosi addosso molte ire, tra cui quella di una paranoia omosessuale. Invece ha avuto ragione, perché Omar Mateen, lo stragista di Orlando, frequentava il Pulse da almeno tre anni ed era iscritto a una chat per omosessuali.

Sesto senso, istinto o cosa: come ha fatto a capire che il terrorista poteva essere gay?

“Picchiava le donne con cui stava, segno chiarissimo che rifiutava il modello di vita di un eterosessuale. E poi il suo profilo facebook, tutto quel narcisismo troppo esibito in una certa maniera”.

E da dove nasce l’odio che ha poi portato Mateen a compiere la strage?

“Per lui era come vedere la propria immagine, quella di omosessuale che voleva negarsi a se stesso, riflessa tante volte in altri omosessuali. La strage è stata la terribile distruzione di questo specchio che lui trovava intollerabile”.

L’islam omofobo è stato un brodo di coltura della strage?

“Un elemento sicuramente sì. L’omosessualità repressa di Mateen ha trovato una legittimazione nella bandiera dell’Isis, che mi pare resti in questo caso un veleno ideologico più che un supporto operativo, anche se ha voluto mettere il cappello sulla strage di Orlando”.

Subito dopo il massacro, il padre di Mateen è sembrato quasi giustificare il figlio: “Aveva visto due gay baciarsi e si era molto arrabbiato”, ha detto. Parole strane, no?

“Un uomo con un ruolo preciso e pubblico nella comunità afghana nella sua città negli Stati Uniti, per di più un simpatizzante dei talebani. Non può accettare l’idea che suo figlio sia omosessuale. Non è pensabile. La scusa è risibile, il figlio frequentava un locale gay come il Pulse, sfido io che avrà visto due gay baciarsi! Parole che mi hanno fatto venire in mente quelle del padre di Manuel Foffo. Stessa negazione della realtà, stessa esibizione della mascolinità del proprio figlio, stessa subcultura omofoba”. (Manuel Foffo, 29 anni, è in carcere con l’accusa di aver massacrato lo scorso 6 marzo a Roma assieme all’amico Marco Prato il 23enne Luca Varani, dopo un festino gay a base di alcol e droga. Valter Foffo, padre di Manuel, disse in tv: “A noi Foffo non ci piacciono i gay, ci piacciono le donne vere. E mio figlio non è da meno”, ndr).

Passata l’emozione dei primi momenti, sembra sia restata nelle pieghe una sorta di distanza dalla più grave strage negli Stati Uniti dopo gli attentati dell’11 settembre 2001: alla fine i 50 morti di Orlando erano “solo” degli omosessuali. È una sensazione o esiste questo sentimento diffuso?

“Purtroppo esiste. Mi meraviglio che l’UEFA non abbia ritenuto doveroso osservare un minuto di silenzio per le partite di ieri, Italia compresa. Ma forse è una distanza non solo verso gli omosessuali, ma verso tutti coloro che si percepiscono come distanti.

Basti pensare alle tragedie in mare, ad esempio le centinaia di morti nell’Oceano Indiano o, più vicino a noi, i migranti nel Canale di Sicilia. Certo, è possibile che se le vittime di Orlando non fossero state omosessuali, la gente sarebbe scesa in piazza in tutto il mondo”.

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