Un'altra tragedia che forse si poteva evitare, un altro caso che porta a chiedersi se gli errori dei magistrati sono destinati a restare sempre senza sanzioni. La morte del piccolo Daniele Paitoni solleva temi sui quali Enrico Costa, deputato di Azione! e membro della commissione Giustizia, si batte da sempre.
Possiamo dire che la giustizia è l'unica industria italiana dove non esiste il controllo qualità?
«Purtroppo sì. Non sono io a dirlo, sono le cifre. Ho chiesto al ministro Cartabia i dati sui pareri che i consigli giudiziari forniscono sui magistrati in occasione delle richieste di avanzamento. Bene, il 99 per cento ricevono parere positivo. Le pare un dato verosimile? Sono tutti bravi? A questo si aggiunge un altro dato sulla irresponsabilità di fatto che hanno sul piano disciplinare: il 98,5 per cento delle segnalazioni viene archiviato direttamente dalla Procura generale della Cassazione. Che controllo di qualità è possibile con numeri simili?».
Sta dicendo che chi sbaglia non paga mai, o quasi mai?
«Esatto. Per garantire standard di qualità più alti basterebbe un fascicolo personale del magistrato che raccolga le sue performance: quante sentenze ha emesso e quante ne sono state annullate, quanti arresti ha chiesto e non ottenuto, quanti fascicoli ha lasciato prescrivere, quanti imputati ha mandato a giudizio per processi nati morti. Invece ci si basa sui convegni cui ha partecipato, sulla disponibilità verso i colleghi, la gentilezza con gli avvocati. Tutte cose importanti, eh, ma il controllo di qualità è un'altra cosa. Se ho arrestato uno che era innocente deve restare nel mio fascicolo. Se ho sbagliato prognosi, e ho liberato uno che poi ha ucciso ancora, deve restare anche questo».
C'è in giro una sorta di sciatteria nella gestione dei fascicoli processuali?
«Io parlerei soprattutto di burocratizzazione. Il magistrato di ogni ruolo è diventato un burocrate colpito quotidianamente da una gragnola di fascicoli e la conseguenza è una analisi superficiale. Va a finire che in buona parte dei casi il lavoro del pubblico ministero lo fa la polizia giudiziaria, lui si adegua perché non ha il tempo né gli strumenti».
Però quando a un fascicolo tengono davvero investono tempi e risorse in quantità: basti pensare al processo infinito al povero Angelo Burzi.
«È chiaro che c'è un doppio binario, da una parte i fascicoli qualunque e quelli su cui per un motivo o per l'altro si vogliono tenere i riflettori accesi. Mi piacerebbe analizzare su quali processi le Procure fanno ricorso se l'imputato in primo grado viene assolto. Ci sono i processi che vengono abbandonati e ci sono quelli che invece vengono portati avanti fino all'ultimo ricorso possibile. E tra questi ci sono quasi sempre i processi ad alto impatto mediatico, i fascicoli ai quali il pm si affeziona, e in cui non riesce ad accettare l'idea di venire smentito da una sentenza di tribunale. Ci sono casi di pm che per continuare a sostenere l'accusa si fanno spostare in altri uffici, o restano in uffici di cui non fanno più parte. Sono i processi ad alta visibilità. O magari quelli dove il pm ha fatto arrestare l'indagato durante le indagini preliminari e vuole evitare che ottenga il risarcimento per ingiusta detenzione».
Che rimedi ci sono? Ogni volta che si parla di valutarli per davvero i magistrati insorgono.
«Un sistema di valutazione reale della performance dei
magistrati sarebbe nell'interesse di tutti tranne che delle correnti dell'Anm. Perché a quel punto si saprebbe chi è il migliore candidato a una certa promozione, a una data carica. E il potere delle correnti tracollerebbe». LF.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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