La fascia di capitano unisce due storie distanti nel tempo e nello spazio: Cesare Maldini e Alessandro Florenzi. Stesso giorno per andarsene e per diventare definitivamente grandi. La giornata che chiude praticamente il campionato si muove con una fascia al braccio: quella nera con cui il Milan ricorda Cesare, il primo italiano ad alzare la Coppa dei Campioni. Perché a Wembley, nel 1963, lui era il punto di riferimento di una squadra che quel giorno diventò mitologica per i suoi tifosi e per il calcio italiano tutto. Essere capitano era serio allora ed è serio adesso: un valore che sopravvive anche alla sua stessa retorica. Perché il capitano conta: l'unico che può parlare con l'arbitro, quello che viene convocato dal presidente perché si faccia portavoce con gli altri, quello che prima di una partita importante si siede in conferenza stampa accanto all'allenatore. Ancora oggi. Maldini è stato molto, compreso il ct dell'Italia del 1998, vice ct dell'Italia campione del Mondo e il mister dell'Under 21 tre volte campione d'Europa. Ma è stato soprattutto un capitano. Ovvero un punto di riferimento. Quindi un leader.
Quello che da ieri è diventato definitivamente Florenzi, romano e romanista, che per la prima volta segna in un derby contro la Lazio indossando quella fascia. Le due storie che non c'entrano, c'entrano moltissimo. In una metafora spazio-temporale che passa dall'idea di capitano e dalla sua evoluzione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.