La mamma di Ciro Esposito: "Dio mi ha dato la forza di perdonare"

La mamma di Ciro Esposito: "Quando si perde un figlio è una cosa innaturale, poi perderlo per una ragione così assurda"

La mamma di Ciro Esposito: "Dio mi ha dato la forza di perdonare"

“Non guardo quasi mai la televisione, come mia abitudine. Ma il lavoro e l’impegno contro la violenza nel calcio devono continuare più forti di prima”. Antonella Leardi non sta seguendo gli Europei della vergogna, quelli della guerriglia urbana dentro e fuori dagli stadi, prima, durante e dopo partite che dovrebbero essere il sugello di amicizia tra Paesi diversi.

Sulla sua bacheca facebook c’è scritto “casalinga e mamma”. Non una mamma qualsiasi. Il suo secondo figlio Ciro Esposito, 30 anni, fu ferito mortalmente (come ha stabilito una sentenza di condanna a 26 anni di reclusione) da un colpo di pistola sparato dall’ultrà romanista Daniele De Santis il 3 maggio 2014, mentre il giovane napoletano si recava allo stadio Olimpico per assistere alla finale di Coppa Italia Fiorentina-Napoli. Un proiettile gli perforò un polmone e danneggiò la colonna vertebrale. Un’agonia lunga 53 giorni, Ciro Esposito morirà il 25 giugno 2014 in ospedale a causa delle ferite riportate.

Vista la violenza che avvelena il calcio anche nelle competizioni internazionali, c’è molto lavoro da fare…

“Infatti lo stiamo facendo, nel nostro piccolo, con l’associazione Ciro vive. Lavoriamo molto con i ragazzi delle scuole, solo con l’educazione si può sconfiggere la violenza. Anche se continuo a pensare che i violenti siano una minoranza…”

Il suo è solo ottimismo o una bella speranza?

“Quando ho frequentato il San Paolo a Napoli ho visto molte famiglie. Certo, la situazione in Italia deve migliorare ancora. Non può essere pericoloso andare a vedere una partita di calcio. Non è possibile questa cosa”.

Da quel 3 maggio 2014 la sua vita non è stata più la stessa…

“Quando si perde un figlio è una cosa innaturale, poi perderlo per una ragione così assurda. Mio nipote, che era con Ciro a Roma per la partita, avvisò mio figlio Pasquale, gli disse che Ciro si era ferito a una mano. Poi purtroppo siamo corsi a Roma e abbiamo scoperto cos’era veramente successo. Da quel giorno mi sono affidata a Dio, per andare avanti. Dio mi ha dato la forza di perdonare per il male che è stato fatto a Ciro e a tutti noi”.

La sentenza ha fatto giustizia, se lo aspettava o aveva dei timori in merito?

“A me la verità l’ha detta Ciro prima di morire, io ho parlato con mio figlio. In tribunale poi il pubblico ministero ha detto nella sua richiesta di condanna che non ha mai avuto nella sua carriera di magistrato una tale abbondanza di materiale probatorio: filmati, tracce audio, tutto”.

E in quale direzione vanno queste prove?

“De Santis ha teso un agguato premeditato, assieme ad altre persone armate di mazze e con i caschi in testa, ai danni dei tifosi del Napoli che stavano andando allo stadio Olimpico. E aveva attaccato con bombe carta un pullmino con donne e bambini, famiglie di napoletani che erano lì per la partita. E dieci minuti prima era passato un corteo pacifico di tifosi inermi”.

Il lavoro dell’associazione Ciro vive in quali progetti è impegnato?

“A breve saremo ospiti in Umbria con la Dream Team, una squadra femminile di calcio di ragazze di Scampia (quartiere della periferia nord di Napoli, ndr) contro la violenza sulle donne. L’associazione è impegnata contro ogni forma di violenza, non solo quella nello sport”.

Una signora napoletana perbene, Antonella Leardi, una famiglia di lavoratori seri come tante a Napoli, una famiglia colpita negli affetti più profondi. Ma che trova in una forte fede le ragioni di una battaglia che sembra facile quanto svuotare il mare con il cucchiaino, ma che per fortuna alcune volontà di ferro portano avanti. E l’impegno va avanti, tra le mille insidie di una città complicata.

“Stasera incontro la mamma di Ciro Colonna, ragazzo perbene, figlio di persone perbene, ucciso una settimana fa in un agguato di camorra a Ponticelli

(quartiere della periferia est di Napoli, ndr). Voglio abbracciarla, perché la violenza va combattuta ovunque, non solo negli stadi”.

La battaglia silenziosa di Antonella Leardi va avanti. In nome di Ciro, ma per tutti gli altri.

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