Mariupol sembra cadere ogni giorno, ma poi resiste e combatte. Martoriata, eppure non doma, rimanda a tante pagine della storia europea, da quelle dell'antica Grecia in poi, e certo l'aggettivo «eroico», oggi svilito e utilizzato anche per descrivere chi rinuncia all'aria condizionata, torna perfetto, se riservato agli ucraini affacciati sul mare di Azov. Tuttavia, più che a un mito antico, l'indomita e disperata, quasi suicida, resistenza della città ne ricorda piuttosto uno moderno, e non dell'immaginario europeo: quello di Fort Alamo.
L'immolarsi dei coloni americani per difendere un fortilizio texano si trasformò in uno dei miti fondativi della nazione: sconfitti sul momento, ma vincitori per l'eternità. È probabile che, se Mariupol dovesse cadere, essa finirà per giocare, nel sentimento nazionale ucraino, uno stesso ruolo. Le nazioni, infatti, si forgiano quasi sempre a partire da un evento bellico e dalla costruzione della sua memoria: può essere vittorioso, come nel nostro Risorgimento l'impresa dei Mille, ma può ben essere anche una sconfitta. L'importante è che esso simboleggi un sacrificio da cui inizia la vita della nazione. E non v'è dubbio che quella ucraina, intesa come sentimento di patria condiviso negli animi, sia nata grazie a Putin, prima con l'annessione della Crimea e soprattutto ora con l'invasione. È per questo che gli americani e gli inglesi comprendono, più degli europei continentali, la posta in gioco. Sono infatti due Stati in cui l'orgoglio dell'appartenenza nazionale sono assai intensi: gli americani e gli inglesi sono pronti in ogni momento a morire per la patria, come gli ucraini. Che i popoli eurocontinentali, persino i francesi con la loro grandeur un po' di cartapesta, siano disposti a fare altrettanto, è invece assai dubbio. Tanto è vero che capita di sentire anche chi solidarizza con l'Ucraina, lamentare lo «scontro tra nazionalismi», mentre la realtà è che vi è una potenza imperialistica, la Russia, che sta cercando di soffocare una nazione. Il nazionalismo è dalle parti di Kiev, ed è un sentimento nobile.
E cresce talmente da trovare per forza di cose nelle potenze atlantiche i suoi più fedeli interlocutori: parlano la stessa lingua, Zelensky, Johnson e Biden, quella della nazione.
Che, quando è sentimento nobile, si apre a difendere le altre: mentre quando è sentire meschino si limita a tutelare i propri egoistici interessi, come nel caso tedesco. Se tutto questo è vero, non illudiamoci però che gli ucraini siano disposti a trattative in cui il corpo della loro nazione venga mutilato. La guerra sarà ancora molto lunga.
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