Arriva una svolta nell'ambito dell'inchiesta relativa alla fornitura di mascherine provenienti dalla Cina, per cui Domenico Arcuri è finito indagato dalla Procura di Roma: le accuse nei confronti dell'ex commissario per l'emergenza Coronavirus durante il governo Conte bis sono peculato e abuso d'ufficio. L'amministratore delegato di Invitalia è indagato anche per corruzione ma per questa ipotesi di reato la Procura ha chiesto l'archiviazione, su cui si dovrà esprimere il gip Paolo Andrea Taviano.
L'indagine su Arcuri
Arcuri sabato 16 ottobre è stato sentito dai pubblici ministeri Gennaro Varone e Fabrizio Tucci della Procura di Roma, in relazione alla nota inchiesta sulle mascherine per le fattispecie di abuso d'ufficio e peculato. Lo rende noto l'ufficio stampa dell'ex commissario per l'emergenza Covid-19, che nella nota diramata sottolinea come in tal modo sia stato possibile portare avanti "un confronto e un chiarimento che si auspicava da molto tempo con l'Autorità giudiziaria, rispetto alla quale sin dall'origine dell'indagine il dottor Arcuri ha sempre avuto un atteggiamento collaborativo, al fine di far definitivamente luce su quanto accaduto".
L'inchiesta si incentra su presunte provvigioni "indebite" per oltre 77 milioni di euro, che sarebbero state ottenute da chi aveva trattato la maxi-commessa. Per gli inquirenti si sarebbe costituito un "comitato d'affari", una sorta di "sodalizio" che sarebbe stato composto da "freelance improvvisati desiderosi di speculare sull'epidemia" e che sarebbe stato "capace di interloquire e di condizionare le scelte della Pubblica amministrazione".
Il sequestro delle mascherine
La guardia di finanza, su disposizione della Procura di Roma, ha notificato alla struttura commissariale nazionale e alle strutture regionali un decreto di sequestro in relazione alle mascherine provenienti dalla Cina finite al centro dell'inchiesta. Il reato contestato in questo filone è frode nelle pubbliche forniture. Il decreto di sequestro è stato eseguito nelle ultime ore, nelle strutture dove sono stoccati i lotti delle mascherine che sarebbero state ritenute "non conformi".
Le indagini riguardavano affidamenti per un valore di 1,25 miliardi di euro che sarebbero stati effettuati da Arcuri a favore di tre consorzi cinesi, per l'acquisto di oltre 800 milioni di mascherine, effettuate con l'intermediazione di alcune imprese italiane che avrebbero percepito commissioni per decine di milioni di euro.
"Pericolose per la salute"
L'esame fisico/chimico delle mascherine e dei dispositivi di protezione acquistati, compiuto tanto dall'Agenzia dogane di Roma che da consulenti nominati dai pm, ha dimostrato che "gran parte" per i quali si è disposto il sequestro "non soddisfano i requisiti di efficacia protettiva richiesti dalle norme Uni En". Ma non è finita qui: addirittura alcune forniture "sono state giudicate pericolose per la salute". A scriverlo è la Procura di Roma nel decreto di sequestro di 14 pagine.
I dispositivi di protezione individuale in questione (sia mascherine chirurgiche che Ffp2 e Ffp3 o Kn95) non avrebbero passato gli esami all'aerosol di paraffina e aerosol al cloruro di sodio. Nel documento i pm Fabrizio Tucci e Gennaro Varone scrivono che "appare necessario procedere al sequestro probatorio di tutte le mascherine chirurgiche e di tutti i dispostivi di protezione attualmente giacenti.
Sia di quelli appartenenti a partite giudicate inidonee, sia quelli appartenenti a partite non esaminate - potenzialmente inidonee o pericolose - non essendo stato possibile, in base alla informazioni ottenute dalla Struttura Commissariale, distinguerli da quelli di partite esaminate con esito regolare al fine di garantire la possibilità della perizia, evidentemente necessaria per la prova di responsabilità penale e per l'accertamento di idoneità".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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