Cinquant'anni ruggenti, e non sentirli. «La stampa è un pilastro irrinunciabile della democrazia e voi dal 1974 siete tra i protagonisti», dice infatti Sergio Mattarella. E i prossimi, chissà: visto che «il quotidiano è garanzia dell'autenticità delle notizie», magari saranno ancora migliori. Il Giornale, che sta per compiere mezzo secolo di vita, viene ricevuto al Quirinale dal capo dello Stato in un'udienza cordiale, una chiacchierata informale piena di spunti e molto poco ingessata. Ecco quindi gli auguri «sinceri» per il ruolo del nostro quotidiano nel mondo dell'informazione, «un settore che dall'epoca è molto cambiato». Le parole di «fiducia» sul futuro del Paese, «che sta bene ed ha enormi potenzialità». Le preoccupazioni per il quadro globale, non tanto per una guerra diretta, «ipotesi non realistica», quanto per il rischio delle «continue violazioni dei diritti umani e delle regole internazionali». E poi le foto di gruppo e i regali per il presidente: la prima copia originale del Giornale del 25 giugno 1974, con l'editoriale di Indro Montanelli, e una scultura con il numero 50.
Mattarella, appena tornato dal G7 dove ha offerto ai grandi della Terra un pranzo nel castello di Federico II a Brindisi, ci riceve nella Sala Ricci alla Palazzina, gioiello settecentesco disegnato dall'architetto Ferdinando Fuga. Con lui il consigliere per l'informazione Giovanni Grasso. Per il Giornale il direttore Alessandro Sallusti, il vicedirettore Osvaldo De Paolini, gli editori Antonio e Giampaolo Angelucci, l'amministratore delegato Nicola Speroni, la direttrice generale Stefania Bedogni, oltre a chi scrive.
Il capo dello Stato è reduce da una serie di incontri ravvicinati in Puglia con i leader mondiali. Sallusti gli chiede che aria tiri nel pianeta. Mattarella non vede «il pericolo di un coinvolgimento diretto in una guerra», ipotesi che almeno per il momento giudica «non realistica». Piuttosto, confida, c'è il rischio che la situazione generale peggiori con «queste continue infrazioni delle regole internazionali e violazioni dei diritti umani». Ucraina, Medioriente, altri focolai sparsi. C'è da allarmarsi. Il presidente considera due date spartiacque, che stanno cambiando la storia: il 24 febbraio 2022, «quando la Federazione Russa si è assunta la responsabilità di riportare la guerra e i suoi fantasmi in Europa», e il 7 ottobre 2023, «con il barbaro attacco di Hamas con l'uccisione di inermi cittadini israeliani e il sequestro di ostaggi, seguito dalla macabra contabilità delle vittime civili palestinesi». Perciò, spiega, è difficile fare previsioni. Prudenza e pazienza. E fermezza. «La crisi è in corso, bisogna lavorare per il ripristino delle condizioni di convivenza tra i popoli e per il rispetto dei diritti».
Parecchio più ottimista il capo dello Stato appare sull'Italia. «Sono abbastanza fiducioso sul nostro futuro, e non solo per il mio ruolo. Ma da qui sul Colle posso vedere tante realtà positive. Il Paese ha davvero enormi potenzialità, vivacità del tessuto sociale e produttivo, solidità delle imprese, energia del sistema del lavoro. Le associazioni spontanee che si danno da fare. La creatività». Buone prospettive, insomma. «Non a caso siamo stati tra i più pronti e veloci a risollevarci dopo il Covid e il lockdown».
Poi, il nostro campo, l'editoria. Sallusti si dice emozionato per il progetto che ha messo in cantiere, che è ben più di un restyling. «Cinquant'anni è il tempo di un bilancio e di un rilancio. Nel 1974 Indro Montanelli fondò un giornale liberale svincolandolo da un pensiero unico che vigeva allora. Adesso noi togliamo la scritta fuori dal coro perché vogliamo non essere più una testata contro ma, adeguandoci alla realtà attuale, offrire informazione costruttiva e dare spazio al pensiero, tornare ad essere liberali».
L'informazione in mezzo secolo è cambiata assai, oggi bisogna difendersi da una valanga di fake news, manovre, polpette avvelenate, voci incontrollate. Servirebbe una regolamentazione, l'intervento del governo, anzi delle istituzioni internazionali.
Sallusti parla del peso che comunque la stampa mantiene, anche con meno copie vendute nelle edicole. Mattarella concorda. «Il quotidiano resta la garanzia dell'autorevolezza e dell'autenticità delle notizie. Auguri al Giornale e ai suoi 50».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.