Meno biopsie per la ricerca del tumore della prostata

É la neoplasia più frequente nella popolazione maschile. Tanto da rappresentare il 20 per cento di tutte le diagnosi di cancro negli uomini, con più di 50 anni. Il tumore della prostata (una piccola ghiandola che fa parte del sistema riproduttivo maschile, quasi 42mila i nuovi casi registrati ogni anno in Italia), oggi può essere meglio intercettato, grazie ad una nuova e sofisticata procedura per la biopsia prostatica: consente una diagnosi più accurata e sicura della patologia, con un minor numero di prelievi bioptici. La novità si chiama «biopsia per fusione» e di recente è stata al centro dell'attenzione, al congresso internazionale di urologia (Eau 2015), tenutosi a Madrid.

Questa tecnica nasce dall'unione di immagini provenienti da Risonanza Magnetica ed ecografia e permette di guidare la biopsia, riuscendo a indagare meglio le zone sospette. É già stata adottata questa metodologia all'Istituto Humanitas di Rozzano (Mi), dall'équipe di urologia guidata dal professor Giorgio Guazzoni, responsabile dell'unità operativa di urologia del nosocomio, mira in modo preciso le parti evidenziate dalla Risonanza Magnetica, trasferendovi informazioni acquisite sull'immagine ecografica. Il risultato è una mappa tridimensionale che guida la biopsia, utile a ricostruire nel dettaglio la localizzazione e il volume del tumore.«La biopsia per fusione - spiega Guazzoni - aumenta la precisione ed evita di dover pungere più volte la stessa zona, poiché permette di mirare al bersaglio indicato dalla Risonanza Magnetica, fuso con l'ecografo. L'accoppiamento delle due immagini, frutto della tecnologia, può determinare un aumento delle percentuali di detection rate (meno tumori passano inosservati) ed una riduzione del numero dei prelievi (solo quelli davvero necessari vengono effettuati)». In casi selezionati o dubbi, questa tecnica consente di effettuare un campionamento mirato, evitando biopsie multiple.

«Rispetto ai dodici prelievi compiuti in media dal chirurgo - aggiunge il professore - con la fusion imaging si scende a uno, due o tre. Si eseguono le biopsie anche in zone che non vengono analizzate, come la parete anteriore della prostata».

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