"Questa notte, un gruppo di individui armati ha nuovamente attaccato e sparato sui braccianti, che rientravano nell'insediamento di Torretta Antonacci, ferendone alcuni. È il secondo raid nel giro di 48 ore. Chiediamo alle autorità competenti di fare piena luce su questi attacchi vergognosi da vigliacchi". Queste le parole di condanna dell’attivista e sindacalista Aboubakar Soumahoro sull’agguato avvenuto a tre migranti nel Ghetto di Rignano, Foggia, la notte del 25 aprile.
Sinayogo Boubakar e Konate Mamadou, entrambi maliani, e Keita Abdoulaye della Costa d'Avorio, stavano rientrando dal ghetto alla loro baracche, dopo una giornata di lavoro nei campi, a bordo di una Opel. Ad un certo punto i tre sono stati affiancati da un suv, da cui sono partiti dei colpi di fucile, che hanno mandato in frantumi il lunotto posteriore dell'auto. I frammenti di vetro sono finiti sul volto di Boubakar, che ha riportato gravi ferite, mentre gli altri due fortunatamente non hanno riportato lesioni. “Erano in tre, ci hanno affiancati, erano a bordo di una grande macchina bianca”, spiega ancora scosso Boubskar, ora ricoverato agli Ospedali Riuniti di Foggia. “Abbiamo sentito soltanto il rumore. È esploso il vetro, poi ho visto tutta la faccia. Cercavano noi, i neri del Ghetto. Volevano farci paura. Ma noi non possiamo smettere di parlare”. Il procuratore di Foggia Ludovico Vaccaro, che coordina le indagini, ha affermato che il grave agguato sarebbe riconducibile ad un episodio accaduto la notte prima.“Stiamo lavorando”, dichiara Vaccaro, “ma è possibile che il fatto sia da collegare con quanto accaduto 24 ore prima”.
Nella notte tra sabato e domenica quattro malviventi hanno fatto irruzione nel centro d’accoglienza per rubare del gasolio. Prontamente i migranti hanno allertato la polizia, ma i tre sono riusciti a fuggire gridando: “Vi uccidiamo tutti, neri bastardi”. Sono tanti gli episodi di violenza accaduti negli anni ai danni dei braccianti di Torretta Antonacci, ricorda il procuratore, per nulla sorpreso dell’accaduto. Ragazzi uccisi dai caporali per essersi ribellati ad una vita non degna di essere definita tale, presi a pietrate da criminali del posto. Una situazione, quella del foggiano, che fa discutere e che dopo anni di soprusi, merita di cessare.
Biggie, così vieni chiamato Boubakar per la sua mole, sebbene faccia fatica a parlare a causa dei punti di sutura, non si tira indietro e ribadisce: “Noi vogliamo vivere e lavorare come persone oneste. Noi non siamo come loro”.
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