C’è un numero, elaborato dopo attente analisi da parte di alcuni studiosi, su cui è bene focalizzare l’attenzione. Che gli sbarchi di migranti si siano ormai ridotti al lumicino (gli ultimi dati parlano di –80% rispetto all'anno scorso) è un dato ormai appurato e ampiamente rivendicato da Matteo Salvini, contento che il passare “dalle parole ai fatti” abbia prodotto dei risultati. Ma è la massa di denaro che verrà risparmiata dallo Stato (e dai contribuenti) a solleticare l’interesse di chi da tempo sostiene che l’immigrazione incontrollata sia un costo sociale e economico non indifferente. Soprattutto economico.
L’ultimo Def approvato dal passato governo del Pd prevedeva una spesa di circa 5 miliardi di euro per la gestione di flussi migratori. Un esborso enorme, che a ben vedere va avanti (più o meno allo stesso livello) da quasi quattro anni. Per fare un esempio, i costi per l’accoglienza sono passati dai 300 milioni del 2011 ai quasi 3 miliardi del 2017. Un salasso.
Il calo degli sbarchi non è solo merito di Salvini, intendiamoci. I viaggi di Minniti in Libia avevano iniziato a rallentare il flusso di immigrati verso il Belpaese, ma il colpo finale è arrivato con la chiusura dei porti alle navi delle Ong (e non solo). Nel Belpaese a luglio sono arrivati solo 1.900 migranti. A conti fatti si tratta di un calo dell'83% rispetto allo stesso mese del 2017, quando - secondo i dati del Viminale - ne approdarono 11.461. Ad agosto la sinfonia si è ripetuta, con gli approdi fermi (al 28 agosto) a 1.259 contro i 3.920 del 2017 (e i 21.294 del 2016). Ovvero un -67,9%. “In tre mesi – diceva entusiasta Salvini tre giorni fa - 40 mila sbarcati in meno rispetto all'anno scorso”.
Se i numeri e le statistiche possono risultare freddi, allora meglio lasciarsi riscaldare dalla piacevole carezza del denaro. Quello che i contribuenti italiani hanno risparmiato grazie al crollo degli arrivi di stranieri sulle loro coste. A certificare l’entità del gruzzolo sono stati tre ricercatori firmatari di un rapporto dell’Ispi e di Cesvi intitolato “Migranti: la sfida dell’integrazione”. Matteo Villa, Valeria Emmi e Elena Corradi hanno calcolato che il risparmio per i profughi "non arrivati" ammonta “a circa 1 miliardo di euro nel primo anno e a 1,9 miliardi dal secondo anno in poi”. Un fiume di denaro che potrebbe raggiungere pure i 2,5 miliardi nello scenario massimo. Mica male.
I conti (della serva) sono preso fatti. “Sulla base dei dati più recenti della Corte dei Conti – si legge nel summary del rapporto - si stima il costo medio giornaliero pro capite dell’accoglienza in ciascuna regione in 27,1 euro, ai quali è necessario aggiungere 8,8 euro per servizi sanitari e istruzione”. In totale “la spesa ammonta a 35,9 euro al giorno (per migrante) e rivela un costo annuo di 13.104 euro (1.092 euro al mese)”. Come se non bastasse, dal portafoglio degli italiani sono usciti anche "204 euro per la valutazione della domanda d’asilo", esborso che ha fatto lievitare il costo per migrante a 13.308 euro annui.
Bene. "Basandoci sull’analisi degli sbarchi negli anni precedenti – scrivono Villa, Emmi e Corradi - e considerando che ogni migrante sbarcato nel 2017 sarebbe rimasto per (almeno) dodici mesi a carico dello Stato italiano, il risparmio della spesa pubblica relativo ai primi dodici mesi di calo degli sbarchi ammonta a circa 1 mimiliardo di euro. Negli anni successivi al primo la stima media del risparmio sfiora i 2 miliardi e, nello scenario massimo, supera i 2,5 miliardi”.
I ricercatori propongono di utilizzare queste risorse
"non spese" per aumentare i progetti per l'integrazione. Il dibattito è aperto e non entreremo nel merito. Qui la notizia è una: meno approdi significano meno sprechi di denaro pubblico. Ne siete sorpresi?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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