Migranti, la corte dei conti dell'Ue dura su ricollocamenti e rimpatri: "Gli Stati hanno fallito"

Secondo la Corte dei Conti dell'Unione Europea, gli Stati membri hanno fallito sui rimpatri e sulle ricollocazioni dei migranti: "Obiettivi fuori portata, problemi non risolti"

Migranti, la corte dei conti dell'Ue dura su ricollocamenti e rimpatri: "Gli Stati hanno fallito"

È una bocciatura senza mezzi termini quella arrivata dalla Corte dei Conti dell’Unione Europea su ricollocazioni di migranti e rimpatri.

Obiettivi non raggiunti, processi burocratici molto lenti, scarsa solidarietà comunitaria, così come forti difficoltà da affrontare da parte dei paesi di primo transito, Italia e Grecia in primis. È questa la fotografia scattata dai giudici contabili dell’Ue, la quale ha certificato i forti ritardi a livello continentale sugli obiettivi prefissati in merito l’immigrazione.

“I sistemi di ricollocazione di emergenza dei migranti non hanno conseguito i valori-obiettivo fissati ed hanno raggiunto solo in parte il principale obiettivo di alleviare la pressione in Grecia ed in Italia”, è questa l’estrema sintesi finale che si legge nel rapporto della corte dei Conti Ue.

Negli anni passati, i vari Stati membri si sono giuridicamente impegnati a ricollocare 98.256 migranti, contro un valore-obiettivo iniziale di 160 mila. Dunque, si è partiti già da un ridimensionamento drastico delle ambizioni originarie. Ma anche i nuovi obiettivi ridimensionati sono apparsi, dati alla mano, ben lontani dal loro raggiungimento.

Infatti in definitiva, al 2019 sono solamente 34.705 le persone sono state ricollocate ed il quadro, dal punto di vista italiano, è ancora più fosco: dal nostro paese sono stati infatti collocati in altri paesi 12.706 migranti, a fronte delle 21.999 riposizionate dalla Grecia.

Questo si è tradotto in un fallimento totale del piano europeo e dunque in spese adesso giudicate eccessive rispetto agli obiettivi realmente raggiunti, molto più bassi a livello numerico e politico rispetto a quanto prefissato.

“La procedura di frontiera accelerata per l’esame delle domande di asilo – si legge nel rapporto della Corte dei Conti Ue – non è abbastanza rapida: nel 2018, invece di pochi giorni, ce ne sono voluti in media 215 dalla domanda alla relativa decisione di primo grado”. Un elemento questo che ha portato a maggiori difficoltà nella ricollocazione.

E per giunta non è nemmeno quello il problema più rilevante, visto che secondo la Corte l’Italia soprattutto disporrebbe dei mezzi necessari per accelerare le procedure ed arrivare più celermente alle sentenze di primo grado. Anche perché, come hanno sottolineato i giudici contabili, le domande d’asilo in Italia sono diminuite. Il vero problema nel nostro paese sta riguardando invece l’elevato numero di impugnazioni.

Sono queste ad ingolfare il lavoro dei tribunali. La Corte ha infatti sottolineato come, in media, per una domanda di asilo presentata nel 2015 sono occorsi in media oltre quattro anni per giungere all’ultimo grado di ricorso.

Altro tasto dolente sono i rimpatri: secondo i giudici contabili, sono pochi e non funzionali alle esigenze dei paesi europei.

I motivi sono elencati nel rapporto: lunghe procedure di asilo, assenza di sistemi integrati di gestione dei casi di rimpatrio, mancato riconoscimento reciproco e mancata registrazione sistematica delle decisioni di rimpatrio, insufficiente capienza dei centri di trattenimento, difficile cooperazione con il paese di origine dei migranti, fuga dei migranti dopo l’adozione della decisione di rimpatrio.

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