Milano, il Comune nega il capannone e musulmani pregano in strada

Nuovo capitolo dello scontro tra l’associazione Al Baraka e comune di Melegnano. Scaduto il termine ultimo per attuare il divieto di utilizzo del capannone di via Morandi come moschea e centro culturale, i musulmani protestano pregando per strada

Milano, il Comune nega il capannone e musulmani pregano in strada

Prosegue il tira e molla tra il comune di Melegnano (Milano) e l’associazione araba Al Baraka relativamente alla moschea di via Morandi 15.

È scaduto infatti il termine imposto dall’amministrazione locale che impedisce attività di culto e culturali all’interno del contestato capannone preso in affitto da Al Baraka, divenuto nonostante tutto il punto di riferimento per la comunità musulmana di Melegnano e del sud di Milano.

Primo intervento del comune nel 2014, quando fu negato il permesso di costruire e di cambiare la destinazione d’uso della struttura da industriale a culturale, per l’inquinamento presente nell’area (si tratta del sito noto come ex Chimica Saronio). Secondo richiamo per lo stesso motivo nel 2015, a cui seguì lo sgombero dei locali, che continuavano, nonostante i divieti, ad essere utilizzati come luogo di preghiera. Inutili i tentativi di far cambiare l’esito dell’ordinanza davanti al Tar, che ha respinto le istanze dell’associazione Al Baraka.

Arriviamo quindi ai giorni nostri, con tre sopralluoghi da parte delle forze dell’ordine effettuati a giugno e uno ad agosto. Grazie a questi si è potuto appurare che, nonostante i divieti, proseguivano le attività cultuali e culturali all’interno del capannone: ecco quindi giungere l’imposizione del termine del 30 di agosto come limite ultimo per rispettare l’ordinanza comunale.

Proprio per questo, ieri in tarda mattinata si sono radunate dinanzi al capannone di via Morandi un centinaio di persone: stesi dei teli per terra, i musulmani si sono messi a pregare occupando parte della strada, in mezzo alle auto. Le forze dell’ordine sono ovviamente intervenute sul posto a monitorare la situazione.

“La nostra è una manifestazione spontanea, un modo per esercitare un diritto che non può essere negato. Useremo tutti i metodi leciti in nostro possesso per poter avere una sede, dove pregare e incontrarci. Se via Morandi non va bene, chiediamo che venga individuata una sede alternativa. Siamo vittime di un conflitto politico tra destra e sinistra”. Queste le parole dell’ex presidente di Al Baraka Hamza Ourabah, come riportato da Il Giorno, a cui poi si sono aggiunte quelle dell’attuale referente dell’associazione, Kais Mokrani.

“Se l’area è inquinata, allora bisognerebbe imporre la chiusura di tutte le fabbriche e i pubblici esercizi presenti nella zona. Non abbiamo un altro posto dove pregare, quell’ordinanza è un’offesa alla nostra comunità”.

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