Nella Greenfell Tower italiana: "Viviamo nell'incubo di un incendio"

Viaggio a Tor Bella Monaca, nella periferia est della Capitale, dove gli italiani sono dimenticati e 90 famiglie in emergenza abitativa sono costrette a vivere in condizioni disumane: minacciate dal fuoco e assediate dal degrado

Nella Greenfell Tower italiana: "Viviamo nell'incubo di un incendio"

C’era una volta lo stato sociale, poi non c’è più stato. Così nella periferia est della Capitale può succedere che anziani, disabili e minori siano abbandonati a loro stessi, costretti a vivere in una condizione di estremo pericolo e degrado. Ed a sognare bed and breakfast e hotel dove, invece, trovano accoglienza i migranti.

"Aspettano che ci scappa il morto"

Nel palazzone popolare di via Arnaldo Brandizzi 55, occupato 35 anni fa, ad esempio, alloggiano stabilmente circa 400 persone anche se l’edificio non presenta i requisiti minimi di sicurezza. A distanza di sette lustri da quando le prime 90 famiglie italiane in emergenza abitativa sono entrate nell’immobile, infatti, nessuno si è premurato di adeguare scale di emergenza, vie di fuga ed estintori. “Hai visto come scende la scala antincendio? Sbuca all’ingresso. Se prende fuoco l’ingresso dove andiamo?”. A parlare è Andrea, un uomo sulla settantina che è la memoria storica di questo luogo dimenticato. Uno di quelli che hanno animato i tempi andati della prima occupazione. “Ciò ti dimostra quanto bisogno avevamo noi di una casa, per entrare in un posto che se poco poco prendeno fuoco il primo e il secondo piano facciamo la fine di quelli che sono morti in Inghilterra (Grenfell Tower, ndr)”.

La Prelios, società che è subentrata alla Romeo nella gestione del palazzo per conto di Roma Capitale, non si è fatta viva nemmeno dopo che, ad ottobre 2015, si è sfiorata la tragedia ed un incendio ha inghiottito i box sotterranei del palazzo. “Per fortuna - spiega Roberto, un altro degli inquilini ‘storici’ - non si è fatto male nessuno, ma cosa stanno aspettando? Che ci scappa il morto?”.

Tra i condomini più allarmati da questa situazione, ovviamente, ci sono i disabili ​che, ogni giorno, si confrontano con la paura di quello che può accadere. Ma anche con la difficoltà di vivere in un palazzo di 13 piani dove persino gli ascensori sono quasi sempre guasti. “Sono agli arresti domiciliari”, ironizza amaramente una donna che, appoggiata alla sua carrozzina, attende invano di poter scendere al pian terreno. Proprio dove dovrebbe sbucare l’uscita antincendio.

Cantine da incubo tra siringhe e ratti

Lì, invece, ci sono le cantine. Un intrico di corridoi bui che si snodano lungo una superficie sterminata e sono senza ombra di dubbio lo spazio più degradato e insalubre del condominio. Si accende solo qualche lampadina fioca laggiù. La porta d’accesso è divelta e lo scantinato, negli anni, si è trasformato in un bivacco per sbandati. Si deve passare da quei cunicoli per raggiungere i contatori dell’elettricità, facendosi largo tra cumuli di spazzatura, decine di siringhe e topi morti.

Così, racconta Patrizia, una vedova invalida all’80 per cento, “se la luce salta di notte è un guaio e bisogna attendere fino alla mattina per raggiungere i contatori perché col buio non ci si può proprio andare”. Persino il servizio pubblico che dovrebbe occuparsi della raccolta delle siringhe abbandonate si è rifiutato di entrare per bonificare lo spazio, così ad alcuni residenti è toccato rimboccarsi le maniche, raccoglierle da soli e depositarle all’ingresso. Solo allora gli operatori hanno provveduto a recuperarle. Ma, a distanza di qualche mese, ne sono comparse altre.

"Ogni sgombero sarà una barricata"

Sembra che la proprietà si ricordi di questa gente solo quando c’è da sfrattare qualche inquilino moroso, come è accaduto due giorni fa a Tiziana, una disoccupata di trent’anni che viveva al dodicesimo piano assieme alla nonna defunta. Lo sgombero ha gettato scompiglio e preoccupazione nel palazzo. Si mormora che non si sia trattato di un caso isolato e che a breve ce ne saranno altri. In molti qui non riescono a pagare l’affitto. Altri, invece, hanno smesso di onorare il canone per protesta. “Perché siamo stati abbandonati, non è possibile vivere così”. Anche la politica che, in questi lunghi 35 anni, si è sempre affacciata “a prendere voti” non ha mai “mantenuto le promesse”.

A dare man forte ai condomini sono arrivati i militanti di Roma ai Romani, la costola più movimentista di Forza Nuova. Tra loro c’è Sonia che, fino a qualche mese fa, proprio dietro a via Brandizzi aveva aperto una piccola sezione. La ragazza domanda: “Perché gli italiani vengono sgomberati, mentre a migranti e rom vengono offerte alternative alloggiative? Siamo stanchi. Ogni sfratto sarà una barricata”. A Sonia fa eco la signora Giuliana: “Siamo gente pacifica ma ci opporremo perché non è giusto”. All’idea che, al posto di Tiziana, possa arrivare una famiglia di stranieri rispondono, in coro, “noi qui non la vogliamo, queste case ce le siamo sudate, ci viviamo da anni”.

Guardando al futuro

Ma anche se nessuno sembra avere intenzione di andarsene, ognuno in cuor suo vagheggia un futuro migliore. Un futuro per sé e per i propri figli che “vivono allo sbando, in un quartiere che non gli offre nulla”. Ragazzi che “a 18 anni ne dimostrano il doppio perché hanno visto troppe cose brutte, troppo spaccio, troppo degrado”.

Anche Roberto ha una figlia e, quando glielo domandiamo, confessa che tra 10 anni si vorrebbe immaginare altrove. Sì, ma dove? Non lo sa. Però è stanco di vivere così: “È impossibile vivere in questo stato, è come se avessi fatto 35 anni di galera”.

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