Per scoprire la strategia dei partiti tradizionali, quelli che hanno una storia dietro le spalle, bisogna analizzare i particolari, le citazioni dei leader, i loro interlocutori. Uno degli elementi da mettere sotto il microscopio, ad esempio, sono gli ospiti delle altre forze politiche invitati nelle varie kermesse organizzate durante l'anno. Il classico erano le feste dell'Unità. Ai nostri giorni, invece, con Giorgia Meloni a Palazzo Chigi, l'appuntamento per eccellenza è Atreju, dal nome del personaggio del romanzo La Storia Infinita, un happening che dura una settimana inventato dalla premier diversi anni fa per alimentare le casse di Fratelli d'Italia. L'appuntamento, con l'ingresso della destra nella stanza dei bottoni, si è trasformato ora in una cartina di tornasole degli alleati ufficiali e occulti, degli avversari, delle tattiche, degli obiettivi che, nel medio-lungo periodo, frullano nella mente della Meloni.
Lo scorso anno, ad esempio, l'ospite d'eccezione di Atreju, doveva essere Elly Schlein che, però, disertò. Era il tempo in cui la Meloni dialogava con la Schlein con l'intento di consolidare il bipolarismo tra le leadership femminili dei due maggiori partiti italiani. Mentre per complicare la vita all'opposizione all'epoca lo stato maggiore di Fratelli d'Italia interloquiva con Matteo Renzi, «il destabilizzatore».
Dopo 365 giorni, pardon 366 visto che il 2024 è stato un anno bisestile, casa Meloni ha rivoluzionato i suoi piani. La Schlein, che sta tentando di mettere in piedi uno schieramento (il cosiddetto campo largo) che sulla carta potrebbe rivelarsi competitivo (vedi le regionali in Emilia Romagna e Umbria), è stata archiviata. «Il treno - è stata la battuta sarcastica del presidente del Senato, Ignazio La Russa - passa solo una volta».
Come pure Renzi, che da destabilizzatore dell'opposizione è diventato uno dei federatori, talmente infervorato nel nuovo ruolo da farsi concavo e convesso per superare la diffidenza dei suoi potenziali alleati. Così è finito nel mirino: addirittura un mese fa Fdi ha presentato un emendamento al decreto fiscale, poi giudicato inammissibile, per vietare che i parlamentari ricevano compensi dagli Stati esteri. Bersaglio: i rapporti dell'ex premier con l'Arabia Saudita.
Quindi, cambiato tutto. Ora i nuovi riferimenti nell'opposizione sono Carlo Calenda e, soprattutto, Giuseppe Conte, guest star di questa edizione che sarà intervistato da solo sul palco di Atreju (un privilegio). Perché la premier coltiva queste nuove interlocuzioni? Semplice: perché sono i due personaggi che potrebbero minare lo schieramento avversario, dissociandosi o mettendone in discussione l'unità con la politica dei veti. Insomma, due potenziali «teste di ponte» dentro lo schieramento avverso.
Calenda, in assenza di novità, continua ad essere, per usare un eufemismo, scettico sull'alleanza a sinistra. «Io - continua a ripetere - non sto nel campo largo e non entrerò nel campo largo. Mi limito a cercare di dire la verità, come su Stellantis. Fine».
Su Conte e il suo pendolarismo tra il «sì» e il «no» alla Schlein la Meloni ripone addirittura maggiori aspettative. Può contare sul consigliere del principe, Marco Travaglio, che suggerisce all'ex premier grillino un giorno sì e l'altro pure di non legarsi al carro del Pd. Consapevole delle ambizioni di Conte sa che il personaggio potrebbe rendere difficile la composizione dell'alleanza di sinistra ponendo veti sui potenziali alleati o tirarsi fuori, puntando (in base ai sondaggi) sulla corsa solitaria. Oppure potrebbe essere un potenziale alleato - assecondando le fantasmagoriche congetture Travaglio - qualora il rapporto con uno dei suoi alleati (Forza Italia o Lega) diventasse impossibile. Naturalmente tutte cose campate in aria ma che creano caos nel campo del nemico secondo la vecchia regola del «dividi et impera».
Tanto basta in quel minestrone della politica italiana dove addirittura nel centrosinistra qualcuno sponsorizza - via Quirinale - la leadership di Ernesto Maria Ruffini, il direttore dell'agenzia delle
Entrate. Così il nuovo volto del campo largo sarebbe l'esattore dell'attuale governo di centrodestra. L'uomo delle tasse. O si sono bevuti il cervello, o anche lì, a quanto pare, c'è qualche testa di ponte occulta della Meloni.
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