Il ministro del gossip

Ci mancava solo Di Maio. Sembrava impossibile - in effetti - che nei suoi ultimi dieci giorni da ministro degli Esteri, il leader di Impegno civico perdesse l'occasione di fare una brutta figura.

Il ministro del gossip

Ci mancava solo Di Maio. Sembrava impossibile - in effetti - che nei suoi ultimi dieci giorni da ministro degli Esteri, il leader di Impegno civico perdesse l'occasione di fare una brutta figura. Così ieri, il giorno dopo essersi fatto riprendere mentre svolazzava sostenuto da alcuni suoi fan in una pizzeria partenopea sulle note di Dirty dancing, ha deciso di reindossare la severa grisaglia del titolare della Farnesina. Per fare sempre campagna elettorale, però.

Troppo ghiotta la polpetta avvelenata sui presunti fondi russi versati a imprecisati partiti occidentali. Una bombetta, sotto elezioni, che ha il mittente ma non il destinatario. Perché mancano i nomi di chi li avrebbe incassati questi fantomatici rubli che, al momento, senza alcun riscontro, potrebbero anche essere i soldi del Monopoli.

Ma, come è chiaro, lo scopo di questo pizzino è solo uno: gettare ombre sulla Lega e sul suo leader. Il problema - e non è poca cosa - è che non c'è lo straccio di una prova. E, allora, ci pensa Di Maio, abusando del suo ruolo istituzionale, a intorbidire ulteriormente la già intricata questione, lasciando presagire che è tutto vero e che lui «sa» qualcosa che noi comuni mortali non conosciamo.

«Siamo in continuo contatto con gli americani, sono arrivati gli aggiornamenti che dovevamo ricevere, consiglio prudenza», ha detto il titolare degli Esteri ma soprattutto il leader politico e neo socio di Tabacci. E quindi, caro ministro, se ha avuto degli importanti aggiornamenti da oltreoceano ci informi, li comunichi alla stampa e al Paese. Sapere chi ha preso denaro da una nazione straniera è una notizia fondamentale, specialmente durante una campagna elettorale. Fuori i nomi - ammesso che li sappia - oppure taccia. Così fa solamente confusione e contribuisce ad alimentare dubbi e sospetti che non hanno alcun fondamento e che sono le vere, uniche e tangibili interferenze che al momento pesano sulla chiusura di questa corsa alle urne.

Capiamo il desiderio di Di Maio di scippare qualche voto a Salvini - con il quale, per altro, ha governato per più di un anno - nel disperato tentativo di portare una pattuglia del suo neonato partito in Parlamento, ma non metta di mezzo il suo ministero. Altrimenti è meglio che torni in pizzeria a volare sulle mani dei suoi sostenitori, farà sicuramente meno danni.

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