“Stavamo bevendo una birra a casa e ci siamo chiesti: perché non vendere lo street food siciliano a Londra?". Poi sono serviti due anni, tanti studi di mercato, la realizzazione di un progetto dettagliato e la decisione di trasferirsi nella capitale britannica. Nessuno, nemmeno Gaetano Bauso, i suoi fratelli e sua moglie si sarebbero aspettati di ritrovarsi, dopo solo un mese dall'apertura di "EtnaCoffee" in cima alle classifiche di Tripadvisor.
Il miglior ristorante e il miglior coffee shop di Londra parlano italiano, siciliano per la precisione. A "Victoria Arcade", nel cuore della City, c'è un "corner of Sicily". I clienti che ne assaggiano gli arancini si rovesciano in massa su TripAdvisor per recensire con cinque stelle questa piccola attività, nata da un bicchiere di birra e destinata a crescere. A diventare un marchio.
Gaetano ha lavorato 15 anni in Vodafone, prima in Sicilia e poi a Milano. Ha iniziato la carriera come centralinista, poi l'avanzamento di carriera lo ha portato nel settore delle vendite, dove si è specializzato. La famiglia Bauso conta tre fratelli. L'altro titolare del bar, Enrico, ha fatto il manager nella ristorazione prima a Miami, poi a Montecarlo e infine a Londra e Parigi. Competenze che sommate a quelle del fratello e ad una birra fresca hanno fatto immaginare di poter portare la cultura siciliana in quella Londra di cui si erano innamorati. “Non siamo andati nella City ad aprire un ristorante perché eravamo disoccupati - ci tiene a precisare Gaetano - l’abbiamo fatto per mettere a frutto le nostre diverse capacità". Una fuga di cervelli, forse. Ma non per necessità. Piuttosto per l'orgoglio imprenditoriale di cui gli italiani sono ricchi.
"Dopo due anni di indagini di mercato siamo andati a bussare ad alcune porte per trovare i finanziatori disposti a credere nel nostro progetto. Una di queste porte, quella della ARGroup si è aperta". Non solo. Perché la società finanziaria emiliana ha imposto un’unica condizione: che il progetto fosse di lungo termine. "Vi diamo i soldi – ci hanno detto – solo se creiamo una catena". È così sarà. "Noi, ovviamente, abbiamo accettato la sfida”.
L'obiettivo? Rilanciare l’immagine della Sicilia, togliendola da quel pregiudizio che la rappresenta come vecchia, antica, “mafia coppola e gilet”. E ridonarle un’immagine fresca e moderna. "La Sicilia di oggi - aggiunge Gaetano - che non è quella che ci raccontano. La Sicilia è questo: è fresca, è moderna, è colorata, si mangia bene e costa poco”.
Mi sembra difficile che mangiare siciliano nel centro di Londra possa costare poco.
“Invece sì. La nostra politica dei prezzi è stata pensata per fare in modo che tutti abbiano la possibilità di entrare all’EtnaCoffee. Da qui passa una marea di gente che può permettersi di mangiare due o tre pezzi di specialità siciliane “vere” senza spendere troppi soldi. E questo a Londra fa la differenza”.
Il vostro è davvero l’arancino più buono di Londra?
“Non c’è dubbio (ride). I siciliani che passano da qui ci dicono: ‘finalmente posso sentirmi a casa senza dover prendere un aereo’. Poi quest’estate abbiamo cominciato a vendere anche la granita catanese e la risposta dei clienti è stata incredibile. La gente riconosce la qualità del cibo e l'accoglienza del locale. Quando escono, lasciano un commento positivo su Tripadvisor. Qualcuno lo fa anche davanti alla cassa dicendomi: 'questo posto merita 5 stelle".
Anche le materie prime sono tutte italiane?
“Scusami, ma ci tengo a precisare: sono solo prodotti siciliani. Abbiamo selezionato fornitori che producano solo l’eccellenza della Trinacria. Il locale poi è tutto made in Italy, dall’arredamento all’architetto, a chi ha pensato il marketing”.
Avete già in programma di aprire altri locali?
“Posso dire che tra tre mesi ne apriremo un altro qui al centro di Londra. E raddoppiare i centri di vendita in soli sei mesi di vita è indice del successo che ha avuto il sicilian street food in una capitale così importante”.
Perché proprio a Londra?
“Innanzitutto perché è la patria del cibo, qui si mangia a tutte le ore. In altri locali puoi trovare qualche arancino o qualche cannolo, certo. Ma non c’è – o, meglio, non c’era – un bar dove poter mangiare solo specialità siciliane".
Avreste potuto aprirlo a Roma a Milano.
"Non credo. Non avremmo avuto la spinta della novità. E poi c’è la morsa fiscale, che avrebbe reso impossibile avviare un locale come questo con lo stesso investimento fatto a Londra”.
Un problema solo di tasse?
“A Londra devo dare allo Stato intorno al 20% di quello che guadagno, in Italia avrei dovuto lasciare più del 40%. Ma non è solo questo. La gestione del personale in Gran Bretagna è estremamente più flessibile e le istituzioni fanno di tutto per agevolare il processo che porta un imprenditore alla realizzazione della sua idea e del suo progetto”.
Quanti ci avete messo per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie?
“Dopo aver trovato il locale con la licenza giusta disposto a vendere o affittare, tempo due settimane ed avevamo le chiavi in mano. In un mese si può fare tutto. Il Comune e le istituzioni non si aspettano niente dall’imprenditore, il processo di apertura scorre con estrema rapidità”.
In Italia invece…
“Avviare un’attività del genere è impensabile. Non avrei mai trovato nessuno disposto a finanziarmi”.
Quali sono le qualità che rendono l'EtnaCoffee così famoso?
“Abbiamo un principio che ci guida: quando un cliente entra nel nostro locale deve sentirsi in Sicilia. Devono trovare personale siciliano. Per questo assumiamo solo dipendenti ‘autoctoni’”.
Una condizione necessaria?
“Assolutamente sì. In questo modo agevoliamo la permanenza a Londra di studenti e ragazzi siciliani che vengono in Inghilterra per studiare. Ma, soprattutto, vogliamo che i nostri dipendenti sappiano spiegare dettagliatamente ai clienti cosa sono la Sicilia i suoi prodotti tipici: solo un siciliano può farlo. E ci tengo a dirlo: questa scelta non cambierà mai”.
Perché?
“Semplice, è un elemento di differenziazione che non intendiamo abbandonare. I londinesi, i turisti amano la Sicilia. Molti ci sono stati, altri sognano di farci una vacanza. Nel nostro locale riconoscono che c’è la vera accoglienza siciliana: un sorriso e prodotti di qualità".
Quanto costa un arancino?
“Poco: 2.90 sterline. Mediamente, a Londra, bisogna sborsarne 4”.
Come riuscite a mantenere i prezzi così bassi?
“Innanzitutto grazie a fornitori unici che hanno creduto nel nostro progetto e ci permettono di avere dei costi di processo più bassi. È stata però anche una scelta: non volevamo creare un prodotto di nicchia, ma regalare a tutti i sapori della Sicilia. Abbiamo deciso di mantenere meno margine di guadagno, ma di vedere più persone entrare nel locale per godersi l’arancino”.
Vi aspettavate questo successo?
“Con mio fratello eravamo certi che la nostra idea sarebbe piaciuta ai clienti. Ma di certo non ci aspettavamo di raggiungere in soli tre mesi la cima della classifica di Tripadvisor. Questo no”.
Tornereste in Italia?
“No, Londra ci piace. Ci siamo trasferiti con tutte le famiglie. Non è una critica all’Italia, non voglio che passi questo. Ma non mi manca il mare siciliano, ecco.
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