Provava a dare un tocco di normalità ai suoi giorni agli arresti domiciliari sparando musica ad alto volume mentre era in compagnia di due amici. Solo che il rumore e gli schiamazzi provenienti dall’abitazione avevano infastidito pesantemente i vicini che, stanchi di quella situazione, avevano allertato i carabinieri. E così Pietro Genovese è finito di nuovo nei guai.
Il giovane di 21 anni, figlio del regista Paolo sotto processo con l'accusa di omicidio stradale per aver investito e ucciso le sedicenni Gaia e Camilla il 22 dicembre del 2019 in corso Francia a Roma, è stato segnalato dai carabinieri al gip Bernadette Nicotera. L'episodio risale allo scorso 22 maggio. Intorno alle 18:30 i militari della caserma Salaria ricevono una telefonata dal condominio situato nel quartiere Coppedè, dove vive la famiglia Genovese, con la quale si segnala quella che sembra a tutti gli effetti una festa in svolgimento nella casa del ragazzo.
Quest’ultimo, ai domiciliari dal 26 dicembre del 2019, su disposizione del giudice può ricevere persone a casa già dal 17 gennaio scorso e dal 13 dello stesso mese ha la possibilità di uscire per recarsi all'Istituto europeo di design dove studia comunicazione ma comunque deve rispettare alcuni obblighi. I militari giunti sul posto appurano che la segnalazione è fondata: la musica è ad alto volume, tanto che si riesce ad ascoltarla anche in strada, e così decidono di effettuare un controllo nell’abitazione.
Durante gli accertamenti emerge che nella casa non ci sono i genitori di Pietro ma due amici che quel giorno erano andati a trovarlo. Entrambi vengono identificati: uno risulta essere Davide Acampora, l'amico che era seduto accanto a Genovese la notte del drammatico incidente stradale costato la vita alle due adolescenti. I militari constatano che il 21enne non sta violando le prescrizioni previste dal gip nel provvedimento ma lo invitano ad abbassare il volume della musica e ad evitare ulteriori condotte che possano arrecare fastidio ai vicini. Inoltre, una volta rientrati in caserma, i carabinieri scrivono la relazione di servizio, che poi inviano al gip che, informata dei fatti, non ha disposto ulteriori restrizioni.
Intanto il 13 luglio per Pietro è cominciato il processo con rito abbreviato nel quale è accusato di duplice omicidio stradale. Diverse le aggravanti contestate dall'accusa: quando ha travolto e ucciso Gaia e Camilla, il giovane andava a una velocità superiore a quella del limite previsto dalla legge, circa 90 km orari in una strada in cui il limite è di 50, è risultato positivo all'alcol test con un valore tre volte superiore a quello consentito e stava girando un video col telefonino. In più, il ragazzo è risultato positivo anche al test antidroga ma non è possibile stabilire con certezza se l'avesse assunta la sera dell'incidente o nei giorni precedenti. Le due adolescenti stavano attraversando la strada su corso Francia quando sono state centrate in pieno dalla macchina. L’impatto è stato violentissimo tanto che le 16enni sono state scaraventate a diversi metri di distanza: nonostante i soccorsi, per le due giovanissime non c’è stato nulla da fare.
Pietro Genovese non si è presentato in udienza.
E lo stesso hanno fatto anche i suoi genitori. In aula c'erano invece la mamma di Gaia, Gabriella Saracino, e i genitori di Camilla, Cristina e Marino Romagnoli, che non hanno gradito l’assenza del ragazzo e dei familiari.
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