"Stanno provando ad avvelenarci e a uccidere il Salento, ma da qui non si passa", parole forti quelle del sindaco di Nardò (paese in provincia di Lecce) Pippi Mellone su Facebook. Il primo cittadino del Comune salentino ha firmato un'ordinanza con la quale "vieto sul territorio comunale l'utilizzo di quei pesticidi che il decreto Martina, come sapete, ha reso obbligatori per combattere la Xylella." Una misura d'emergenza, il decreto emesso il 13 febbraio scorso dal ministero delle politiche agricole, che prova a salvare gli ulivi "avvelenando piante, falde, api, cibo e quindi il nostro stomaco" come ha sottolineato Mellone.
Al di là, quindi, del decreto ministeriale, a Nardò i pesticidi non si dovranno usare. E per chi viola l'ordinana del sindaco è soggetto alla sanzione amministrativa di 500 euro. Il decreto, con cui il ministro Maurizio Martina prevede l'uso dei pesticidi per contrastare la lotta al vettore del batterio xylella fastidiosa ritenuto responsabile della batteriosi degli ulivi salentini, ha generato molte polemiche nel mondo agricolo. Ma non solo, anche nelle associazioni di categoria, fra gli ambientalisti. A schierarsi contro la legge ad hoc anche la sezione leccese della Lega italiana per la lotta contro i tumori (Lilt). "L'ordinanza ricorda che il decreto obbliga all'uso di erbicidi come il glifosato - si precisa nella nota del Comune di Nardò - rispetto ai quali, a più riprese e da fonti autorevoli sono stati denunciati i gravi rischi per la salute umana, oppure all'uso di insetticidi, indicando in maniera specifica alcuni neonicotinoidi (che, come scritto sul Giornale.it una settimana fa, uccide anche le api 'termometri della salute dell'ecosistema' come le ha definite l'Unione Europea).
Il sindaco Mellone afferma che si attenderanno "le disposizioni dell'Osservatorio fitosanitario della Regione Puglia, cui il decreto demanda la decisione sulle modalità operative sui singoli territori, ma nel frattempo vogliamo eliminare ogni rischio e agire tempestivamente a tutela dell'ambiente e della salute. Non è una questione di disobbedienza, ma semplicemente un atto di difesa ragionevole del territorio. C'è molta agitazione tra gli agricoltori, soprattutto chi ha scelto di investire sul biologico, tra gli operatori del turismo, che temono un danno d'immagine, tra i cittadini, che hanno paura del cibo contaminato.
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