La Regione Campania ha raggiunto un primato poco invidiabile: meno di due mesi di lezioni in presenza in un anno di pandemia da Covid-19. Tra annunci e dietrofront, scuole materne chiuse e poi riaperte dopo la protesta di genitori e insegnanti, università con i portoni sbarrati, anzi no, aperte solo per le matricole, scuole elementari prima oggetto di un annuncio di apertura e poi finite in due righe d'ordinanza, si è assistito a un disastro annunciato. Insegnanti, dirigenti scolastici, genitori, addetti alle pulizie, costretti a rincorrere annunci e notizie, dai giornali a WhatsApp, da Facebook al sito della Regione, per capire cosa sarebbe accaduto il giorno dopo. In questi mesi il caos è regnato sovrano nelle province campane, con il governatore Vincenzo De Luca fermo sulla sua posizione estrema, nonostante la guerra dei ricorsi al Tar da parte dei familiari degli studenti. “La chiusura delle scuole – ha sempre dichiarato – è necessaria, perché la nostra è la regione con la più alta densità abitativa d’Italia e si rischia la catastrofe”.
Questa posizione, però, non è condivisa da tutti, anzi, con il passare del tempo le lamentele dei gruppi “No Dad” si sono fatte sempre più pressanti, con iniziative e proteste pubbliche. Anche gli studenti sono al limite della sopportazione e manifestano il loro disagio per la chiusura in presenza delle scuole. Marco Vannelli, 17 anni tra quindici giorni, iscritto al liceo artistico di San Giuseppe Vesuviano, nel Napoletano, ha pubblicato su Facebook un lungo sfogo, affermando di sentirsi stremato da questa situazione e di aver pensato di abbandonare gli studi. “Non vado a scuola in presenza – scrive Marco – da un anno. Nemmeno i laboratori hanno riaperto. Sono in un liceo artistico, come si può pretendere di fare attività laboratoriale a distanza?”. Sulla chat è riuscito a rispondere alle nostre domande, nell’intervallo tra una lezione e un’altra. “La Dad – dice – mi ha fatto soffrire molto, perché innanzitutto non interagisco più con nessuno che vada oltre la mia famiglia, la scuola era anche un pretesto per la socialità, per poter scambiare opinioni nella ricreazione su qualcosa; posso solo immaginare quanto soffrano i bambini più piccoli”.
Il giovane studente si lamenta per l’isolamento sociale a cui è costretto da mesi. “Lo stare davanti al Pc per tante ore – continua – mi obbliga ad andare a letto molto tardi, sia per i compiti, che sono il triplo, sia per lo stress. Al liceo artistico, dal terzo anno in poi, si scelgono gli indirizzi che si vogliono seguire: moda, arti figurative, grafica, architettura e questo dovrebbe darci l’opportunità di conoscere nuovi compagni e nuovi professori; tutto ciò per quanto mi riguarda, purtroppo, non è mai successo”. Marco si rivolge direttamente al presidente della Regione De Luca, il suo è un ragionamento lucido e maturo. “Vedo persone che si lamentano della chiusura in tutta Italia da ormai quindici giorni – conclude – ma io cosa devo dire? Sono in Dad da un anno, e succede solo in questa regione. Il governatore si giustifica dicendo che chiude le scuole perché la Campania ha una grossa densità abitativa, ma la Lombardia cosa deve dire con dieci milioni di abitanti?”.
Intanto, montano sempre di più le proteste dei “No Dad”, che non comprendono la disparità di trattamento rispetto al resto d’Italia. A Napoli, non molto lontano dalla sede della regione Campania, ieri mattina si sono ritrovate le mamme di “Scuole aperte Campania”, tra queste, anche i volti noti della Tv, Veronica Maya e Maria Mazza. “Non sono una negazionista e capisco il problema – commenta la presentatrice Maya – ma il Covid non può essere il pretesto per la paralisi totale. Ho tre figli in Dad che passano almeno sei ore al giorno davanti allo schermo e sappiamo quante insidie il Pc nasconda. La scuola in presenza è insostituibile per i genitori che lavorano e per i bambini”. Sulla stessa lunghezza d’onda è l’attrice Maria Mazza. “Il Governo deve garantire uniformità.
Non capisco – evidenzia – perché mia figlia che vive a Napoli debba stare in Dad e i miei nipoti che stanno a Roma possano invece andare a scuola in presenza. Il Governo si deve rendere conto che esiste un caso Campania. In questa regione non si va a scuola da troppo tempo”.
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