"Non devono toccare il Natale". Scoppia la rivolta contro il lockdown

Le proteste corrono online. Dopo le chiusura anti-Covid si cerca di salvare il salvabile. Nel 2020 persi 33 miliardi di euro

"Non devono toccare il Natale". Scoppia la rivolta contro il lockdown

Inesorabile si avvicina il Natale. Più scorre il tempo e più si assottiglia la speranza di viverlo “come sempre”: il cenone, i regali, gli addobbi. La famiglia. Natale non è certo solo tutte queste cose, il mio parroco lo diceva sempre e non potrei deluderlo scrivendo diversamente. Ma esiste pure questo aspetto, inutile negarlo, e quest'anno diventa ancor più "importante" visto l'attuale scenario recessivo. Il coronavirus, e ciò che gli ruota attorno, rischia di abbattere uno dei motori dell’economia nazionale, riducendo consumi, spostamenti, produzione. Il mio caro don Pietro non se ne vorrà a male, ma un Natale così sarebbe un salto nel vuoto che molte aziende guardano con terrore. E che numerose piccole e medie imprese stanno già vivendo sulla loro pelle. Si chiama lockdown. Chiusura. Serrata. Zero fatturato, pochi ristori. Checché ne dica il premier Conte, la sola spiritualità non può salvare quel che resta di un nervo economico fondamentale per un Paese.

Per questo, e per altri motivi, gruppi di persone si muovono per protestare contro i lucchetti ai negozi. Non parliamo di negazionisti, gillet arancioni e violenti vari. Ma dei movimenti che nelle scorse settimane hanno inveito, legittimamente, contro i dpcm in più piazze d'Italia. Un magma di gente che ancora grida a gran voce. Bar, ristoranti, palestre, piscine: i settori più colpiti dal secondo lockdown a macchia di leopardo giallorosso. Certo, si tratta di categorie che pagano uno scotto storico: essere in tanti, ma non contare mai abbastanza. Le associazioni degli esercenti pesano, ma non troppo. Le partite iva ancora meno. E questa massa critica non è mai sufficiente a incidere davvero. Però stavolta magari qualcosa si muove, possibilmente su web. Singoli sit-in fioccano numerosi. Online è nata una raccolta firme contro la chiusura delle palestre, delle piscine e delle scuole danza da oltre 120mila adesioni. E su Facebook nascono decine di gruppi con gli stessi obiettivi: no lockdown, no serrate, no coprifuoco.

Fabio, gestore di un locale, poco tempo fa ha aperto un gruppo dal nome evocativo: “No alla chiusura”. In pochi giorni ha raccolto circa 20mila iscritti. “Gestisco un locale - racconta al Giornale.it - e il mio obiettivo è dare una voce e una speranza a chi è stato messo in ginocchio dai vari dpcm”. Oggi i responsabili di questa comunità virtuale, tra cui alcuni moderatori, hanno lanciato una manifestazione coordinata in tutta Italia per salvare il Natale. Non quello spirituale, caro don Pietro (o don Conte). Ma quello economico. “Vogliamo unire tutti sotto l’albero - dice Fabio - Ci hanno tolto il diritto di lavorare e di vivere, ma noi vogliamo proteggere almeno il diritto dei bambini ad essere felici, a comprare gli addobbi e a vivere l’infanzia senza impedimenti”. Appuntamento a lunedì 7 dicembre, ore 19, “in modo pacifico”. E magari “portando dalla nostra parte anche le forze dell’ordine”.

Il perché di tanta agitazione lo si desume dai dati del quarto trimestre del 2020. Sono drammatici. La perdita di fatturato per il commercio è stimata attorno ai 10 miliardi di euro, cioè il 40%. In pratica su 96 miliardi complessivi di fatturato annui, si prevede che ne andranno in fumo 33 miliardi. Per Fipe-Confcommercio, la federazione dei pubblici esercizi, inoltre, circa 60mila imprese del settore sono a rischio chiusura e il rischio è di perdere oltre 300mila posti. Intanto, racconta Claudia, "mi ha appena avvertito il commercialista della scadenza Inps".

Ma esiste un modo per fa coesistere economia e diritto alla salute? Inutile nascondere infatti che il tessuto sociale del Paese è diviso. Recenti sondaggi concordano nel ritenere non adeguate le misure degli ultimi decreti, ma la maggioranza degli italiani vorrebbe addirittura decisioni ancor più stringenti. Chi deve pagare il conto, cioè i piccoli imprenditori, risponde però con un motto efficace: “Facile dire agli altri di ‘stare a casa’ se si ha lo stipendio sicuro”. Qualcun altro, invece, per non piangere ci scherza su: “La situazione si fa maledettamente complicata.

Crisanti, uno dei più autorevoli esperti di zanzare del mondo, lancia l'allarme: 'Se a Natale riapriamo ci sarà la terza ondata'. Pertanto suggerisce di chiudere tutto durante il periodo natalizio per fermare il contagio. Nessun problema. Andremo a mangiare tutti a casa sua”. Severo, ma comprensibile.

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