Cecilia Sala si è avventurata in un Paese, l'Iran, in cui vige un regime totalitario di stampo islamico e fortemente oscurantista, che esercita il potere per mezzo del terrore, di cui le prime vittime sono le donne. Ricordo altresì che dal settembre del 2022, in seguito all'uccisione di una ragazza curda colpevole di non indossare correttamente il velo, il medesimo Paese è stato attraversato da una rivolta sociale che l'autorità ha represso mediante violenze di ogni tipo, bagni di sangue, arresti, bastonate mortali, stupri, una macelleria di migliaia di esseri umani, tra cui numerosi minori. Possiamo forse credere o ipotizzare che Sala non fosse a conoscenza della situazione locale?
Alle condizioni interne si aggiunga la scenario globale, che attualmente vede uno scontro acceso tra Occidente e autarchie islamiche. Insomma, non mi pare un bel momento per compiere un pellegrinaggio a Teheran. Quindi Sala ci è andata a suo rischio e pericolo, da sola, non si capisce bene perché. Insomma, era stata inviata da un giornale? Da una tv? Era supportata? Pare che non fosse la prima volta che la giornalista visitava questo Paese, che la affascinava particolarmente. E pare che ella esaltasse la cultura barbara di questi popoli, di cui ora sta scoprendo la scarsa civiltà, purtroppo sulla sua stessa pelle. Di fatto, infatti, ancora non conosciamo i motivi dell'arresto e stiamo facendo solamente supposizioni. Eppure il buonsenso e la legge impongono che, al momento dell'arresto, tali motivi vengano comunicati e resi ufficiali. Ma nel primitivo Iran, evidentemente, non si usa farlo. Sembra che ci sia dietro una questione diplomatica, una specie di ritorsione, determinata dall'arresto in Italia, ossia all'aeroporto di Malpensa, qualche giorno prima del fermo di Cecilia, di un cittadino iraniano, ricercato dagli Stati Uniti.
A prescindere dalle motivazioni, il trattenimento appare ingiusto, anche per le modalità. Eppure non posso fare a meno di chiedermi per quale ragione ci ostiniamo a viaggiare verso tali mete, verso Paesi fermi alla preistoria, dove il diritto non esiste, dove ogni libertà viene calpestata, dove non vige alcuna garanzia giuridica, dove l'unica legge ammessa è contenuta nel Corano. Ho letto, sì, che qualcuno sostiene che il governo avrebbe dovuto avvertire Sala. Come? Perché? La Farnesina già mette in guardia gli italiani dal recarsi in Iran, tanto più in questo periodo. Cos'altro dovrebbe fare l'esecutivo? È il cittadino a doversi tutelare, avendo a disposizione ogni informazione possibile. E si presume che una giornalista sia informata, che legga i giornali, che conosca la situazione, che sia consapevole dei pericoli, che non si avventuri in Iran come se stesse andando a fare una scampagnata alle porte di Milano. Non si può dare sempre la colpa al governo e soltanto perché è di centrodestra. L'ideologia mettiamola da parte.
Cecilia Sala è nei guai per causa sua, ossia a causa della sua condotta superficiale, della sua avventatezza, della sottovalutazione, da parte sua, dei rischi, della sua inesperienza, poiché, e questa storia lo mostra con evidenza, non basta viaggiare spesso o essere già stati in certi luoghi per prendere la patente di esperti. Evidentemente serve qualcosa in più, che Sala non possiede. I giornalisti non si avventurano. Le loro trasferte sono pianificate, strutturate, studiate.
Salveremo la pelle di Sala, la riporteremo a casa, faremo
di tutto per la nostra concittadina. La rivogliamo qui. Di sicuro non l'abbandoneremo in Iran. Ma a quei colleghi che già la esaltano, facendone una specie di idolo, faccio presente che non siamo al cospetto di un genio.
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