«Nelle scorse ore la presidente del Consiglio ha attaccato duramente la magistratura», scrive ieri su X l'Associazione nazionale magistrati, «parole e toni che ci preoccupano». Risponde un utente, tale Brunori: «Siete una casta di intoccabili, non rispondete a nessuno dei vostri errori: è questo che preoccupa noi cittadini». E fin qua non ci sarebbe niente di grave, una voce di dissenso - duro ma civile - è inevitabile. Il problema è che non è una voce isolata. Anzi. Nel giro di poche ore sulla pagina X del sindacato delle toghe piovono 804 commenti (conteggio alle 19,30 di ieri sera). Tutti spietatamente critici verso la linea seguita dall'Anm nel suo scontro di questi giorni col governo Meloni sul «caso Almasri» e sull'emergenza immigrazione. Se con il suo post l'Anm puntava a sensibilizzare e a chiamare a raccolta l'opinione pubblica, il risultato è un boomerang in pieno volto. Che forse costringerà almeno una parte delle toghe a interrogarsi sull'isolamento in cui rischiano di venirsi a trovare nella linea di scontro frontale con l'esecutivo.
Non è solo il post dell'Anm a lanciare segnali in questo senso. A ricevere risposte analoghe, sempre su X, è il post di Repubblica che rilancia un commento del suo giornalista Massimo Giannini sulla «eterna caccia alla magistratura». Anche qui i lettori si scatenano, ma nel senso opposto a quello che si aspettava il quotidiano: «L'eterna caccia della magistratura, vorrai dire», «l'eterna caccia al governo per farlo cadere», «magistrati burocrati che si sono comprati concorsi pubblici», e via di questo passo. Ma, perso nel mucchio, qualche commento a favore delle toghe e dell'articolo di Repubblica affiora.
Sul post dell'Anm, invece, si scatena una shitstorm senza voci dissidenti, i toni variano tra la critica, lo sfottò, l'insulto. A colpire è che nessuno, tra le migliaia di lettori della pagina, si prende la briga di difendere il sindacato. Cosi è tutto un fiorire di contumelie. «Spero di non aver mai a che fare con una magistratura come quella che rappresentate»; «la Costituzione dice che voi dovete applicare le leggi non interpretarle»; «state facendo politica, non è il vostro lavoro»; «nessun italiano crede più in voi da molti anni», «vergognatevi», «non è la magistratura che cambia il governo a suo piacimento», solo per citare alcuni di quelli riferibili.
Sembra, inasprita dal linguaggio brusco dei social, la traduzione della tendenza riassunta nel sondaggio di pochi giorni fa (riportato da uno dei commenti) secondo cui a essere convinti dell'uso politico della giustizia da parte della magistratura politicizzata è la maggioranza degli italiani, e non solo tra quelli che appoggiano il governo Meloni. La valanga di critiche si ripete poche ore dopo, quando l'Anm rilancia su X l'intervista alla Stampa del suo presidente Giuseppe Santalucia (molto critica verso il governo, che viene accusato di mandare «avvertimenti» e invitare i magistrati a «avere paura»). «Che stupendo esercizio di ipocrisia e improntitudine», «se foste più onesti nel vostro lavoro il popolo non vi odierebbe come ora», «ma così rovinate l'Italia». Anche stavolta, a colpire è l'assenza di voci discordi. Non c'è uno, tra i follower dell'Anm, a prendere le difese del suo presidente.
Interpellato dal Giornale per sapere se volesse rispondere a questa tempesta di critiche (e se per caso ci vedesse una manovra ai danni dell'Anm) il presidente Santalucia risponde «no grazie». D'altronde per il giudice che in questi anni ha guidato le toghe nelle battaglie contro tutte le riforme questa è l'ultima partita: l'8 febbraio verrà eletto il suo successore.
In pole position, si dice, il procuratore di Messina Antonio D'Amato, un moderato, il secondo dei più votati nelle ultime elezioni. Che però rischia di restare in ostaggio delle correnti delle «toghe rosse», decise a mantenere la barra della Anm puntata verso lo scontro frontale col governo.
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