La variante inglese "corre" ed infetta di più rispetto al ceppo originario ma, per fortuna, questo non avviene nel caso dei bambini in età pediatrica, cioè da 0 a 14 anni.
"Bambini poco contagiosi"
"Nel mondo adulto è stato dimostrato ma nell'infanzia la malattia è molto lieve, spesso asintomatica, e i bambini non sono così contagiosi come qualcuno vorrebbe farci intendere. I casi aumentano in età evolutiva quando si abbassa la guardia, sostanzialmente fuori dalle scuole", afferma al quotidiano La Nazione il Prof. Andrea Campana, Direttore del reparto Covid-19 dell'Ospedale Bambino Gesù di Palidoro nel comune di Fiumicino, alle porte di Roma. Se anche la pandemia investe l'età pediatrica i casi sono quasi zero e non c'è stato un incremento di contagiosità a causa delle mutazioni di cui tanto si parla. "Nel mio reparto abbiamo riscontrato solo sporadici riconducibili a contatti in ambito scolastico. Molto, molto più spesso viene coinvolto l'ambito familiare", aggiunge Campana.
"Fare più attenzione alle altre malattie"
Un altro dubbio da togliersi riguarda le ricadute: no, le nuove varianti non provocano reinfezione nei bambini. "Nessun bambino, tra i nostri degenti, ha avuto reinfezioni, nessuno che abbia contratto il Coronavirus due volte", sottolinea l'esperto, che è maggiormente preoccupato per altre patologie curate in ritardo a causa del timore dei genitori di recarsi in ospedale per tutte le visite del caso. "Abbiamo avuto appendiciti, peritoniti, meningiti che sono arrivate tardi in ospedale, i genitori hanno esitato troppo nel timore dei contagi". Mamme e papà non devono allarmarsi per le varianti perché, per i loro figli, la gravità non cambia. "Gli allarmismi si diffondono indipendentemente dalla nostra volontà, però almeno richiamano l'attenzione sui comportamenti. Anche per quanto riguarda il vaccino, per chi l'ha fatto, direi che è valido anche nei confronti delle varianti del virus", rassicura il Prof. Campana.
In Italia circola maggiormente la variante inglese, ormai lo sappiamo tutti, ma attenzione a non sottovalutare anche i ceppi locali come la variante lombarda o quella bresciana che sta mettendo in ginocchio quell'area d'Italia. "Queste forme isolate, numericamente poco rappresentate, si aggiungono a quelle preponderanti, che sono arrivate anche da noi: l'inglese, e in misura minore la brasiliana e la sudafricana". Per fortuna, però, nell'ospedale di Polidoro così come nel Lazio non si sono registrati aumenti sostanziali di casi rispetto a qualche settimana fa, la situazione rimane ancora sotto controllo.
Tra i pazienti ospedalizzati ci sono coloro i quali presentano polmoniti che vengono curati con "cortisone" e "immunoglobuline, da non confondere con gli anticorpi monoclonali o il plasma da convalescente", conclude Campana.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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